sabato 26 novembre 2011

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLA CARITAS ITALIANA NEL 40° DI FONDAZIONE


DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
ALLA CARITAS ITALIANA NEL 40° DI FONDAZIONE
Basilica Vaticana
Giovedì, 24 novembre 2011

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Con gioia vi accolgo in occasione del 40° anniversario dell’istituzione della Caritas Italiana. Vi saluto con affetto, unendomi al ringraziamento dell’intero Episcopato italiano per il vostro prezioso servizio. Saluto cordialmente il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ringraziandolo per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Saluto Mons. Giuseppe Merisi, Presidente della Caritas, i Vescovi incaricati delle diverse Conferenze Episcopali Regionali per il servizio della carità, il Direttore della Caritas Italiana, i direttori delle CaritasDiocesane e tutti i loro collaboratori.
Siete venuti presso la tomba di Pietro per confermare la vostra fede e riprendere slancio nella vostra missione. Il Servo di Dio Paolo VI, nel primo incontro nazionale con la Caritas, nel 1972, così affermava: «Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica» (Insegnamenti X [1972], 989). A voi, infatti, è affidato un’importante compito educativo nei confronti delle comunità, delle famiglie, della società civile in cui la Chiesa è chiamata ad essere luce (cfr Fil 2,15). Si tratta di assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità. Sono le parole dell’apostolo Paolo ad illuminare questa prospettiva: «Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,5-6). Questo è il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità. Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità. «L’amore del Cristo infatti ci possiede» (2 Cor 5,14), scrive san Paolo. E’ questa prospettiva che dovete rendere sempre più presente nelle Chiese particolari in cui vivete.
Cari amici, non desistete mai da questo compito educativo, anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati. Vivetelo nella fedeltà alla Chiesa e nel rispetto dell’identità delle vostre Istituzioni, utilizzando gli strumenti che la storia vi ha consegnato e quelli che la «fantasia della carità» – come diceva il beato Giovanni Paolo II – vi suggerirà per l’avvenire. Nei quattro decenni trascorsi, avete potuto approfondire, sperimentare e attuare un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere, mettendolo al servizio della vostra missione: l’animazione caritativa dentro le comunità e nei territori. Si tratta di uno stile che rende possibile agire pastoralmente, ma anche perseguire un dialogo profondo e proficuo con i vari ambiti della vita ecclesiale, con le associazioni, i movimenti e con il variegato mondo del volontariato organizzato.
Ascoltare per conoscere, certo, ma insieme per farsi prossimo, per sostenere le comunità cristiane nel prendersi cura di chi necessita di sentire il calore di Dio attraverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù. Questo è importante: che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possano sentire tramite le nostre mani e i nostri cuori aperti. In questo modo le Caritas devono essere come “sentinelle” (cfr Is 21,11-12), capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e di prevenire, di sostenere e di proporre vie di soluzione nel solco sicuro del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. L’individualismo dei nostri giorni, la presunta sufficienza della tecnica, il relativismo che influenza tutti, chiedono di provocare persone e comunità verso forme alte di ascolto, verso capacità di apertura dello sguardo e del cuore sulle necessità e sulle risorse, verso forme comunitarie di discernimento sul modo di essere e di porsi in un mondo in profondo cambiamento.
Scorrendo le pagine del Vangelo, restiamo colpiti dai gesti di Gesù: gesti che trasmettono la Grazia, educativi alla fede e alla sequela; gesti di guarigione e di accoglienza, di misericordia e di speranza, di futuro e di compassione; gesti che iniziano o perfezionano una chiamata a seguirlo e che sfociano nel riconoscimento del Signore come unica ragione del presente e del futuro. Quella dei gesti, dei segni è una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas. Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande. Vi auguro di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare. Rendetele, per così dire, «parlanti», preoccupandovi soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana. Sono opere che nascono dalla fede. Sono opere di Chiesa, espressione dell’attenzione verso chi fa più fatica. Sono azioni pedagogiche, perché aiutano i più poveri a crescere nella loro dignità, le comunità cristiane a camminare nella sequela di Cristo, la società civile ad assumersi coscientemente i propri obblighi. Ricordiamo quanto insegna il Concilio Vaticano II: «Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia» (Apostolicam actuositatem, 8). L’umile e concreto servizio che la Chiesa offre non vuole sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile. Le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà.
Fin dall’inizio del vostro cammino pastorale, vi è stato consegnato, come impegno prioritario, lo sforzo di realizzare una presenza capillare sul territorio, soprattutto attraverso le Caritas Diocesane e Parrocchiali. È obiettivo da perseguire anche nel presente. Sono certo che i Pastori sapranno sostenervi e orientarvi, soprattutto aiutando le comunità a comprendere il proprium di animazione pastorale che la Caritas porta nella vita di ogni Chiesa particolare, e sono certo che voi ascolterete i vostri Pastori e ne seguirete le indicazioni.
L’attenzione al territorio e alla sua animazione suscita, poi, la capacità di leggere l’evolversi della vita delle persone che lo abitano, le difficoltà e le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le prospettive. La carità richiede apertura della mente, sguardo ampio, intuizione e previsione, un «cuore che vede» (cfr Enc. Deus caritas est, 25). Rispondere ai bisogni significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato, con lo sguardo di Gesù che sapeva vedere la realtà profonda delle persone che gli si accostavano. È in questa prospettiva che l’oggi interpella il vostro modo di essere animatori e operatori di carità. Il pensiero non può non andare anche al vasto mondo della migrazione. Spesso calamità naturali e guerre creano situazioni di emergenza. La crisi economica globale è un ulteriore segno dei tempi che chiede il coraggio della fraternità. Il divario tra nord e sud del mondo e la lesione della dignità umana di tante persone, richiamano ad una carità che sappia allargarsi a cerchi concentrici dai piccoli ai grandi sistemi economici. Il crescente disagio, l’indebolimento delle famiglie, l’incertezza della condizione giovanile indicano il rischio di un calo di speranza. L’umanità non necessita solo di benefattori, ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore. Ed è per questo motivo che c’è bisogno della Caritas; non per delegarle il servizio di carità, ma perché sia un segno della carità di Cristo, un segno che porti speranza. Cari amici, aiutate la Chiesa tutta a rendere visibile l’amore di Dio. Vivete la gratuità e aiutate a viverla. Richiamate tutti all’essenzialità dell’amore che si fa servizio. Accompagnate i fratelli più deboli. Animate le comunità cristiane. Dite al mondo la parola dell’amore che viene da Dio. Ricercate la carità come sintesi di tutti i carismi dello Spirito (cfr 1 Cor 14,1).
Sia vostra guida la Beata Vergine Maria che, nella visita ad Elisabetta, portò il dono sublime di Gesù nell’umiltà del servizio (cfr Lc 1,39-43). Io vi accompagno con la preghiera e volentieri vi imparto la Benedizione Apostolica, estendendola a quanti quotidianamente incontrate nelle vostre molteplici attività. Grazie.

UNA SETTIMANA AL SERMIG DI TORINO


UNA SETTIMANA AL SERMIG DI TORINO
Esperienza dei ragazzi in servizio civile nella Caritas di Senigallia  vissuta a fine ottobre

Quando entri nell' Arsenale della Pace, in piazza Borgo Dora a Torino, ti sembra di trovarti in un' oasi, isolata e del tutto discordante con il resto della città e con il quartiere circostante, che gode di una reputazione pessima.
L' immensa struttura, una vecchia fabbrica di armi della seconda guerra mondiale, all' esterno rude e apparentemente in rovina, ospita in realtà un ambiente cordiale, ospitale e fraterno, che ti fa sentire subito parte di quella che è l' anima del Sermig (servizio missionario giovani), e cioè le persone che ne fanno parte.
La nostra settimana qui inizia così, con alcune perplessità su quello che avremmo trovato, affrontato e vissuto. Un membro della fraternità della speranza (così è definito il gruppo di persone che ha scelto di fare del' arsenale la propria casa e del Sermig il fulcro della propria vita) ci accoglie a braccia aperte e ci introduce in quella che è l' ospiteria, una sorta di "mini-albergo" dove vengono ospitati studenti universitari, famiglie con bambini con difficoltà, o ragazzi che come noi scelgono di passare del tempo all'arsenale.
Il tempo di sistemare le valigie e veniamo subito accompagnati in una delle mense, tutte al servizio sia degli ospiti che dei volontari. Dopo il pranzo ci aspetta un giro di esplorazione; l' arsenale è veramente immenso, al suo interno troviamo un centro di accoglienza femminile, uno maschile, e uno per rifugiati politici,sale riunioni, uffici, un ampio cortile ornato di edera su tutte le facciate, un attrezzatissimo studio di registrazione e persino una piccola università per artigiani e restauratori, oltre a varie strutture di servizio alla persona. Proprio queste strutture hanno colpito la nostra attenzione: in primo luogo l' insieme di ambulatori medici specializzati, attrezzatissimi e usufruibili da tutti con un simbolico contributo di 1 euro; poi l' asilo nido del' arsenale, che ospita bambini di varie nazionalità per favorire una maggiore integrazione tra le famiglie, che attraverso i loro piccoli trovano un importante chiave di dialogo.
Dentro l' arsenale regna un clima di estrema cordialità tra tutti: i membri della fraternità fanno di tutto per farti sentire accolto. Partecipiamo al loro incontro del martedì, in cui si affronta un preciso tema di attualità e si aprono le porte dell' arsenale a tutta la città e ci accompagnano addirittura in una parrocchia vicina, dove partecipiamo ad un incontro con Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, momento di grande profondità e che ci permette di riflettere a fondo su quello che può essere il nostro ruolo per un mondo migliore.
Per tutta la settimana svolgiamo alcune ore al giorno di servizio (smistamento di vestiti, di cibi o organizzazione di incontri per gruppi delle scuole),che ci fanno capire bene qual è in realtà il punto di inizio di tutte le attività del Sermig, e cioè il fornire aiuti concreti alle persone in difficoltà e a chi a sua volta si imbarca in missioni di pace e di aiuto.
A fine settimana, stanchi ma contenti, ce ne torniamo a casa con il nostro nuovo bagaglio di esperienze fatte in questi giorni, sguardi che ci hanno riempito il cuore e la consapevolezza che anche partendo da poco, se ci si crede, si può costruire tanto. Basti pensare che il gruppo fondatore del Sermig all’inizio era composto da sole 20 persone, non aveva una sede, e non disponeva di finanziamenti o dell'appoggio di figure importanti. Oggi, il Sermig ha due altre sedi oltre a quella di Torino, in Brasile e in Giordania, supporta missioni in diverse parti del mondo oltre a fornire aiuti e beni di prima necessità direttamente alle persone. La parte dell' arsenale adibita al Sermig (solamente i 2/3 del' area totale del' arsenale) è di circa 30000 mq. I lavori di ristrutturazione dell' arsenale e in generale gli aiuti e le finanze che permettono al Sermig di operare bene arrivano per il 93% da donazioni di gente comune.
Qui a casa continueremo a svolgere nel piccolo il nostro servizio, con la convinzione che se siamo i primi a credere nel nostro sogno fino in fondo possiamo coinvolgere anche gli altri nel cammino per farlo diventare realtà. 

mercoledì 16 novembre 2011

CAMPAGNA L'ITALIA SONO ANCH'IO: Discorso del presidente Giorgio Napolitano


"Senza il contributo dei nuovi cittadini anche il fardello del debito pubblico sarebbe più difficile da sostenere”

"Sono convinto che i bambini e i ragazzi venuti con l'immigrazione facciano parte integrante dell'Italia di oggi e di domani, e rappresentino una grande fonte di speranza. Si tratta di una presenza che concorre ad alimentare quell'energia vitale di cui oggi l'Italia ha estremo bisogno". Lo ha detto il Presidente Napolitano in occasione dell'incontro con i nuovi cittadini italiani celebrato al Quirinale nell'ambito del 150° anniversario dell'Unità d'Italia.
Per il Capo dello Stato, "non comprendere la portata del fenomeno migratorio e non capire quanto sia necessario il contributo dell'immigrazione per il nostro Paese significa semplicemente non saper guardare alla realtà e al futuro. Senza il loro contributo futuro alla nostra società e alla nostra economia, anche il fardello del debito pubblico sarebbe ancora più difficile da sostenere".
"Negli ultimi 20 anni, tra il 1991 e il 2011, il numero dei residenti stranieri è aumentato di 12 volte. Tuttavia gli immigrati che sono diventati cittadini sono ancora relativamente pochi, anche se negli ultimi 10 anni c'è stato un notevole incremento. All'interno dei vari progetti di riforma delle norme sulla cittadinanza, la principale questione aperta - ha ricordato il Presidente della Repubblica - rimane oggi quella dei bambini e dei ragazzi. Molti di loro non possono considerarsi formalmente nostri concittadini perché la normativa italiana non lo consente, ma lo sono nella vita quotidiana, nei sentimenti, nella percezione della propria identità".
Per il Presidente Napolitano, "è opportuno tenere presente che i ragazzi di origine immigrata nella scuola e nella società sono non solo una sfida da affrontare, ma anche una fonte di stimoli fruttuosi, proprio perché provengono da culture diverse. E non deve preoccupare il fatto che la loro sia un'identità complessa, non necessariamente unica, esclusiva. Se noi desideriamo che i figli e persino i nipoti o pronipoti dei nostri cittadini emigrati all'estero mantengano un legame con l'Italia e si sentano in parte anche e ancora italiani, non possiamo chiedere invece ai ragazzi che hanno genitori nati in altri paesi di ignorare le proprie origini. L'importante - ha affermato - è che vogliano vivere in Italia e contribuire al benessere collettivo condividendo lingua, valori costituzionali, doveri civici e di legge del nostro paese".
Quindi, "dobbiamo essere fieri del fatto che, pur mantenendo un legame con le origini, essi esprimano la volontà di diventare italiani. Questo, infatti, rappresenta un'attestazione importante di stima e fiducia nei confronti del nostro Paese. Dobbiamo sentire una forte responsabilità e un preciso dovere di non deludere questa fede nell'Italia".
E il Presidente ha auspicato che l'Italia diventi "il più rapidamente possibile un paese aperto ai giovani: nel lavoro, nelle professioni, nelle imprese, nelle istituzioni. Le classi dirigenti italiane e quelle europee, non devono mai dimenticare la responsabilità che hanno verso i giovani, verso il loro presente e per il loro futuro. E dall'attenzione al destino dei giovani non vanno esclusi i ragazzi stranieri, i futuri nuovi italiani ai quali, qualunque sia la loro origine, bisogna offrire opportunità non viziate da favoritismi. Occorre smontare la convinzione che la nostra sia una società nella quale le occasioni sono riservate solo a chi appartenga a certi ambienti, solo a chi abbia i contatti giusti".
Bisogna, invece, "valorizzare il merito", "far funzionare quell'ascensore sociale che è rimasto troppo a lungo bloccato"; mettere "il merito e l'impegno al centro delle politiche, perché valorizzare il merito non significa solo promuovere equità, significa promuovere crescita". Il Capo dello Stato ha concluso con un caldo "benvenuto" nella nostra comunità ai nuovi cittadini partecipanti alla cerimonia: "a tutti voi che vivete in Italia i più sentiti auguri per un futuro sereno. A tutti gli adulti e, se mi consentite, a tutti gli anziani, l'invito ad impegnarsi perché questo futuro possiate averlo".

L'italia sono anch'io - Caritas Senigallia aderisce alla campagna


CAMPAGNA PER I DIRITTI DI CITTADINANZA E IL DIRITTO DI VOTO PER LE PERSONE DI ORIGINE STRANIERA
Il manifesto a cui aderire
Le persone di origine straniera che vivono in Italia sono oggi circa 5 milioni (stima Dossier Caritas Italiana
Fondazione Migrantes al 1° gennaio 2010), pari all’8 % della popolazione totale. Di questi un quinto circa
sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Nati in gran parte in questo Paese, solo al compimento della
maggiore età si vedono riconosciuto il diritto a chiederne la cittadinanza. Il luogo di provenienza dei loro
genitori è lontano, spesso non ci sono mai stati. A loro, alle loro famiglie, vengono per lo più frapposte
soltanto barriere. Limitazioni insormontabili e ingiustificate, che danno luogo a disuguaglianze, ingiustizie e
persecuzioni.
L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell’uguaglianza tra le persone, impegnando lo
Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento. Ma nei confronti di milioni di
stranieri questo principio è disatteso.
Noi, uomini e donne che considerano l’uguaglianza valore fondante di ogni democrazia e la decisione di
persone di origine straniera di diventare cittadini/e italiani/e una scelta da apprezzare e valorizzare, siamo
convinti che la battaglia per il riconoscimento dei diritti di ogni individuo sia decisiva per il futuro del nostro
Paese.
Tutti e tutte dobbiamo assumercene la responsabilità e operare perché l’Italia sia più aperta, accogliente
e civile.
Per questo ci impegniamo a:
1. Promuovere in ogni ambito l’uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana.
2. Agire a tutti i livelli affinché gli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza tra italiani e stranieri
vengano rimossi, determinando le condizioni per la sua concreta realizzazione.
3. Promuovere la partecipazione e il protagonismo dei migranti in tutti gli ambiti sociali, lavorativi e
culturali. Siamo infatti convinti che esercizio della cittadinanza significhi innanzitutto possibilità di
partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte.
4. Avviare un percorso che porti alla presentazione in Parlamento di due proposte di legge di iniziativa
popolare:
- una proposta di legge che riformi la normativa sulla cittadinanza, aggiornando i concetti di nazione e
nazionalità sulla base del senso di appartenenza ad una comunità determinato da percorsi condivisi di
studio, di lavoro e di vita.
- una proposta di legge che riconosca ai migranti il diritto di voto nelle consultazioni elettorali locali,
quale strumento più alto di responsabilità sociale e politica.
A sostegno di quanto proposto, ricordiamo che la Convenzione europea sulla Nazionalità del 1997 già
chiedeva agli Stati di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per “le persone nate sul territorio e ivi
domiciliate legalmente ed abitualmente”.
Sentiamo l’urgenza di riportare il tema della cittadinanza all’attenzione dell’opinione pubblica ed al centro
del dibattito politico; per farlo, intendiamo impegnarci con una raccolta di firme e l’organizzazione di eventi
e iniziative capaci di sollecitare organizzazioni e singoli a dar vita ad un movimento trasversale e unitario
sul tema del diritto di cittadinanza.
Facciamo appello alle Istituzioni, alle forze politiche e sociali, al mondo del lavoro e della cultura, a tutte le
persone che vivono in Italia, affinché ognuno svolga il ruolo che gli compete per costruire un futuro di
convivenza, giustizia e uguaglianza in cui a ogni individuo che nasca e viva nel nostro Paese sia consentito
di essere a tutti gli effetti cittadino/a italiano/a.


Info
www.litaliasonoanchio.it , info@litaliasonoanchio.it
tel. +39 348 655 4161

Incontri a Castelleone


Anche quest’anno l’Azione Cattolica della parrocchia di Castelleoene di Suasa e in particolare il gruppo dei giovanissimi e giovani, ha iniziato il suo cammino pastorale e l’ha voluto fare dando voce a quelle che sono le povertà dei nostri giorni.
Un tema impegnativo, per certi versi scomodo da trattare, che è stato discusso nel circolo parrocchiale durante i due incontri che si sono tenuti il 21 e il 28 ottobre scorsi e che hanno avuto come protagonisti i volontari della Caritas di Senigallia.
 
Durante il primo appuntamento abbiamo cercato, grazie all’aiuto dei giovani del servizio civile e alla loro responsabile Lucia Durazzi, di dare un nostro significato alla parola “povertà”, riflettendo anche su come, troppo spesso, ci si limiti a un’idea di povertà solo economica e non si pensi invece a quella dei valori, degli affetti e di tutto ciò di cui una persona ha bisogno per essere definita tale.
Questo incontro si è poi impreziosito delle testimonianze dirette dei ragazzi del servizio civile dalle quali è emerso come questa esperienza li abbia cambiati profondamente offrendo loro la possibilità di conoscere e vivere situazioni più o meno lontane dalla loro quotidianità che li hanno resi più maturi e consapevoli delle vere esigenze delle persone.
 
Per il secondo appuntamento invece, è stata Silvia Artibani, coordinatrice di una delle strutture di accoglienza della Caritas Diocesana, a condividere con noi la sua esperienza raccontandoci tutte quelle piccole ma grandi, brevi ma intense storie di vite di persone che non vivono nel benessere, che soffrono per disagi familiari. Storie di ragazze madri, abusi e sfratti, raccontate per dar voce a queste persone, uomini e donne che si trovano a vivere per strada.
È stato interessante e di grande impatto soprattutto perché ci fa comprendere che anche nelle nostre zone esistono queste problematiche ed è inutile far finta di non vederle, anche perché secondo quanto riportato dai sondaggi svolti, nonostante il lavoro dei volontari, queste persone che necessitano di aiuto vanno via via aumentando.
Il lavoro svolto dai volontari è già di per sé eccezionale. Dare disponibilità per vedere un sorriso, aiutare per rendere la via altrui migliore è la base per cambiare il mondo, “perché dalle piccole cose di ogni giorno è possibile modificare il mondo di ogni giorno” come ricorda la stessa Silvia.
 
Naturalmente è per tutti la possibilità di entrare nel mondo della Caritas e fare esperienza personale attraverso AVS (Anno di Volontariato Sociale), EVS (Esperienza di Volontariato Sociale),VO.LI e VO.LA (Volontariato Libero e Volontariato LAvoro) e SCV (Servizio Civile Volontario) che sono tutti progetti posti su misura nel tentativo di avvicinare persone a problematiche che possono essere risolte aiutandosi, sostenendosi e facendo vedere a coloro che soffrono che possono contare su qualcuno che neanche li conosce realmente ma a cui basta vedere un loro sorriso per sentirsi utile o quanto meno realizzato nella vita perché sa di aver cambiato il mondo, di averlo migliorato.
 
Due incontri, dunque, che hanno dato la possibilità a noi giovani e giovanissimi, di renderci conto come situazioni anche di disperazione e forte criticità siamo molto spesso un qualcosa di molto vicino, e di riflettere sul fatto che con un pizzico di altruismo e di apertura gratuita verso l’altro, anche noi possiamo fare molto senza magari accorgercene.
 
 
Nicola Olivieri e
Andrea Testaguzza

martedì 11 ottobre 2011

CASA STELLA: IL SOGNO DI UNA SOCIETA’ ACCOGLIENTE E SOLIDALE (di Giovanni Bomprezzi)

Con Casa Stella la nostra comunità diocesana ha realizzato un sogno, un’opera segno. Si è resa concretamente accogliente nei confronti di alcune famiglie che si trovavano - e si trovano - in enorme difficoltà, vivendo un dramma tremendamente destabilizzante come quello di non avere casa. Ricordo con emozione i mesi in cui dovevamo decidere se compiere o meno il passo concreto, l’acquisto della struttura. Quante riunioni, confronti, chiarimenti e, perché no, anche discussioni, per assaporarne fino in fondo l’utilità ed il significato. Tutto questo è, ed è stato, vivere la comunione nella comunità: che si interroga, si confronta e infine, come una vera famiglia, agisce per il bene di chi soffre all’interno di essa. Il tutto nella consapevolezza che i problemi purtroppo permangono, non vengono risolti definitivamente e che, nonostante Casa Stella, il problema abitativo non è eliminato. Indipendentemente da questo, la struttura è indubbiamente un segno per l’intera comunità. Ci suggerisce che l’accoglienza e l’integrazione sono veramente realizzabili. Ci dice che è possibile progettare strutture capaci di dare risposte concrete, ma anche di educare la realtà in cui sorgono. Ci indica che possiamo aprire le nostre case, magari partendo proprio dall’accogliere le “belle” famiglie presenti a Casa Stella. Solo con quest’ultimo gesto potrebbe essere realizzato qualcosa di veramente grande: il reinserimento di questi nuclei in contesti e case “normali” propri del tessuto cittadino, il turn-over di famiglie liberando appartamenti disponibili per emergenze abitative, ma soprattutto dare compiutezza al vero senso di Casa Stella: far crescere una società più accogliente e solidale.

I REGALI DELL’ACCOGLIENZA (di Stefano Ardini e Consuelo Grassi)

Innanzi tutto un "GRAZIE" alla Caritas che ci ha dato questa opportunità unica, di vivere in profondità e sempre più coscientemente e radicalmente il Vangelo dell'Amore come Famiglia di Dio. Per le famiglie e le persone accolte a Casa Stella noi siamo i vicini di casa, i compagni di viaggio, il nostro è un inter-cedere, un camminare in mezzo: un'espressione che richiama la preghiera più vera: e Casa Stella è "casa di preghiera", un'invocazione in diverse lingue, tradizioni e fedi. E la preghiera, quando è autentica, è apertura all'altro, è un cuore sempre più aperto. E se il cuore si apre, paura e pregiudizi scappano via... come quando l'arrivo di profughi dalla Libia ci aveva allarmati, perchè le immagini televisive di una guerra "lontana" si materializzavano qui, con l'arrivo di chissà quali ribelli inferociti. E invece quei 12 ragazzi privi apparentemente di tutto, avrebbero costituito un elemento di integrazione importante all'interno della casa, con la ricchezza della loro disponibilità e simpatia. Un regalo per tutti, che corona quest'anno così speciale per noi, è arrivato proprio il giorno del nostro primo anniversario di matrimonio. Alcune famiglie della casa si sono attivate, chiedendo il permesso, e organizzando una vera e propria festa a sorpresa in nostro onore, con tanto di musica e cartelloni preparati dai bimbi. Così, tutti insieme, eccoci festeggiare con la nostra "nuova" famiglia. Ora, colpiti dai venti di crisi economica, sempre più incalzanti, come lo sa essere la bora sul lungomare da Vinci dove siamo ubicati, l'impegno e la preghiera devono continuare, nella costruzione di un nuovo popolo unito e solidale.

IL CAMMINO FUTURO (di Silvia Artibani)

Casa Stella è sorta nell’ambito dell’azione caritativa della Caritas diocesana, che non si limita ad offrire risposte temporanee ai bisogni, ma intende conoscere le povertà presenti nel territorio, promuovere e sostenere iniziative per far fronte alle necessità emergenti, sensibilizzare tutta la comunità ad uno stile di vita di condivisione e accoglienza. Dal giugno dello scorso anno le figure di riferimento di Casa Stella hanno operato per consolidare la strutturazione interna del condominio solidale, e creare tra le famiglie accolte un clima di relazione fatto di vicinanza e responsabilità. E’ stata favorita l’accoglienza abitativa di soggetti socialmente fragili, è stata cercata un’effettiva integrazione fra gli ospiti della struttura, sono stati ricercati comportamenti di reciprocità tra i condomini volti a suscitare forme di socialità informale. Quanto finora fatto ha reso la struttura pronta per aprirsi al territorio. In linea con i principi propri di ogni opera segno, è necessario coinvolgere il tessuto cittadino nelle attività del condominio solidale, affinchè vengano a crearsi percorsi di scambio con la città che portino ad un duplice risultato: costruire una rete di attori/risorse sociali sul territorio che supporti gli abitanti della struttura a seconda delle specifiche necessità, sensibilizzare la comunità civile alla prossimità con i più bisognosi. Su questa linea ha preso avvio, il 3 ottobre, un corso di formazione per nuovi volontari, che vede protagonisti trenta partecipanti. L’esperienza ha insegnato alla Fondazione Caritas che dotare Casa Stella di un numero importante di volontari è fondamentale. Volontari che possano intervenire nella gestione dei minori nei momenti di lavoro dei genitori o delle mamme, che organizzino feste e attività per i più piccoli, che si mostrino vicini ai singoli nuclei nelle tante situazioni di difficoltà del quotidiano, che supportino Stefano e Consuelo nel compito di facilitatori del contesto relazionale tra gli inquilini. Un numero importante di volontari fortemente motivati, in raccordo costante con i coordinatori della struttura e con la famiglia accogliente, sarà capace di incidere sulla vita delle famiglie, suggerendo strumenti adeguati e soluzioni creative in termini di stili di vita e capacità di convivenza, bagaglio prezioso in prospettiva di una ritrovata una vita autonoma.

CASA STELLA: OPERA SEGNO DELLA DIOCESI

E’ passato più di un anno dal giorno dell’inaugurazione di Casa Stella, il 26 giugno 2010, alla presenza di Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, e Mons. Vittorio Nozza, Direttore di Caritas Italiana. Dal giugno dell’anno passato la struttura si è animata di volti e persone, grazie alla lungimiranza della Diocesi di Senigallia, da sempre attenta alle problematiche sociali presenti sul territorio sua competenza. Di fronte a tante situazioni di incertezza e precarietà, specie per problemi legati alla precarietà dell’abitare, la realtà ecclesiale locale ha sentito il dovere di fare la propria parte con tempestività, attraverso scelte concrete, affinché ognuno potesse interrogarsi su come contribuire a ridurre il problema abitativo. La Chiesa di Senigallia, attraverso la Caritas Diocesana e la Fondazione Caritas Senigallia - Onlus, ha quindi deciso di intervenire ed offrire una risposta immediata acquistando proprio Casa Stella, struttura composta da dieci appartamenti autonomi e quattro camere, per potenziare così la capacità di accoglienza e contribuire ad alleviare le sofferenze di alcuni. L’edificio è un piccolo condominio dove ognuno può sentirsi, pur nella precarietà, “a casa”. L’obiettivo era quello restituire a persone in difficoltà economica la serenità per riorganizzare la propria vita, cercando di individuare nuovi percorsi lavorativi che garantissero il superamento della crisi. Come ha detto mons. Nozza il giorno dell’inaugurazione, “Casa Stella è un campanile, un’antenna che capta un’esigenza, un bisogno primario, vuole risvegliare tutte le coscienze al problema abitativo che non consente ad alcune famiglie di vivere con dignità. Con questa opera segno non si pretende certo di risolvere un problema così importante, ma è una chiara testimonianza che vuole educare gli uomini a fare qualcosa per gli altri, a donare il proprio tempo con gratuità, a far crescere la cultura evangelica della solidarietà e della carità nella comunità del territorio”. Pienamente in linea con lo spirito e le intenzioni della Diocesi di Senigallia, le parole di Mons. Crociata: “Come ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI nella sua prima enciclica, le organizzazioni caritative della Chiesa costituiscono un suo opus proprium, un compito a lei congeniale, nel quale essa agisce come soggetto direttamente responsabile, facendo quello che corrisponde alla sua natura. La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d’altra parte, non ci sarà mai una situazione nella quale non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore (Deus Caritas est, 29). Un amore, come dimostra la finalità con cui è sorta l’iniziativa che oggi inauguriamo, che può e deve tradursi in un intervento non soltanto assistenziale, ma promozionale. Bisogna rendere le persone di cui ci si prende cura soggetti del proprio riscatto, cercando soluzione alle cause dei problemi, attraverso un impegno che coinvolge, insieme all’iniziativa personale e privata e alla testimonianza della comunità ecclesiale, le strutture pubbliche, gli enti locali e le forze sociali secondo modalità dinamiche di coinvolgimento comunitario ed un sapiente uso delle risorse disponibili”.

Temporanea, ma sempre casa

Casa Stella ha come requisito fondamentale quello di essere un ambiente di vita temporaneo nel quale respirare un clima di condivisione che permette ad ogni famiglia di pensare serenamente al futuro. Nel rispetto della persona, della libertà e della dignità di ciascuno, il servizio offerto dalla Fondazione Caritas Senigallia - Onlus, in collaborazione con la Caritas Diocesana, è volto a migliorare la qualità della vita delle persone e stimolarne l’autonomia, promuovendone il benessere, l’integrazione sociale e possibilmente l’inserimento lavorativo. Le famiglie che vivono a Casa Stella sono simili per tipologia e caratteristiche: tutte si trovano alle prese con i piccoli problemi del quotidiano che si hanno quando ci sono bambini (l’organizzazione per gli orari della scuola, la mensa, lo sport, ecc.), ciascuna, anche se in maniera diversa, si è trovata a vivere momenti di angoscia legati alla perdita del primario dei beni: la casa. Oggi Casa Stella è piena: i primi quattro piani dell’edificio ospitano 9 famiglie per un totale di 19 bambini (dall’età compresa tra uno e tredici anni) e 17 adulti; l’ultimo piano, costituito da quattro camere e pensato inizialmente all’accoglienza di adulti singoli, ospita oggi 12 migranti richiedenti asilo politico, sbarcati solo pochi mesi fa a Lampedusa e scappati da contesti di guerra, carestia e deprivazione materiale che affliggono i loro Paesi di origine. Ogni inquilino ha trovato nella struttura spazio per una riacquistata serenità, perduta a causa di uno sfratto, o per l’interruzione repentina delle utenze domestiche dettata dall’impossibilità di pagare quanto consumato. Ogni nucleo o singolo, entrando in quello che ci piace pensare come un “condominio solidale”, è accolto con un pranzo di benvenuto offerto da tutte le famiglie presenti: un gesto semplice, ma che suggerisce a chi è appena arrivato di trovarsi in un luogo amico, al riparo da richieste temporaneamente insostenibili, a causa della perdita del lavoro, come il pagamento di un canone di affitto. Le iniziative promosse a Casa Stella nel corso dell’ultimo anno non sono mancate: ogni mese sono stati festeggiati i compleanni dei bambini; sono state condivise le festività ricorrenti quale occasione di scambio reciproco e conoscenza delle rispettive tradizioni - Natale, carnevale, Ramadan, Pasqua; non sono mancate le attività estive che hanno coinvolto i grandi ed i piccoli - serate in spiaggia con chitarra, canti e il corso di nuoto al mare; frequenti sono stati gli appuntamenti informali che hanno visto protagoniste tutte le famiglie - inviti a cena nei rispettivi appartamenti, giochi insieme ai bambini nel giardino pubblico attiguo alla struttura e tanto altro.
Casa Stella rimane una sorta di “luogo cuscinetto” in attesa di soluzioni abitative definitive, ma non deve correre il rischio di essere un ‘non luogo’. E’ importante il percorso condotto dai coordinatori della struttura insieme a tutti gli adulti accolti: le riunioni mensili di condominio, i colloqui bisettimanali sostenuti con ciascun nucleo, il raccordo con gli enti pubblici per monitorare i progressi delle famiglie nel corso del tempo e supportarle nelle necessità primarie. La mèta finale e reale resta l’autonomia. Obiettivo già raggiunto nel corso dell’ultimo anno da 4 famiglie e 3 adulti singoli, che dopo un periodo di permanenza presso la struttura hanno potuto riprendere in mano la loro vita.
Silvia Artibani

mercoledì 28 settembre 2011

DAL 3 OTTOBRE CORSO DI FORMAZIONE PER NUOVI VOLONTARI A CASA STELLA


DAL 3 OTTOBRE CORSO DI FORMAZIONE PER NUOVI VOLONTARI A CASA STELLA

Il prossimo 3 ottobre inizia un corso di formazione per nuovi volontari che intendano dedicare un po’ del loro tempo alle persone che vivono presso Casa Stella, struttura gestita dalla Fondazione Caritas Senigallia – Onlus e deputata all’accoglienza di nuclei familiari con minori. Casa Stella è stata inaugurata solamente nel giugno dello scorso anno, ma ospita  nove nuclei familiari con 19 bambini, di età compresa tra uno e tredici anni.

Il corso di formazione è organizzato dall'Associazione “Il Seme”, che da anni collabora con la Caritas Diocesana. Sono previsti cinque appuntamenti formativi che si svolgeranno nei mesi di ottobre e novembre 201. Gli incontri, tenuti da esperti in ambito sociale e nella mediazione culturale, riguarderanno: volontariato ed intervento sociale con il protagonismo del no profit, rapporti tra le famiglie migranti di diversa provenienza culturale, rapporti intergenerazionali tra immigrati di prima e seconda generazione, accompagnamento legale alle famiglie di immigrati con minori, esperienze di supporto alle donne sole attraverso il mutuo aiuto.

Al termine, verranno proposte ai partecipanti concrete modalità operative di volontariato presso la struttura, che prevederanno forme di servizio capaci di coniugare praticità operativa e vicinanza relazionale agli accolti.
I volontari dell'Associazione “Il Seme”, che operano dal lontano 1995, incontrano persone dalle più disparate problematiche sociali. Di fronte a necessità sempre più impellenti, complice la crisi economica che il nostro Paese attraversa, è necessario che sappiano utilizzare strumenti adeguati per poter instaurare relazioni significative, riflettere e confrontarsi sul senso e sul significato personale del proprio agire, sulle proprie capacità.
Il corso intende offrire l'opportunità di acquisire semplici strumenti rivolti a mettere in campo le proprie risorse, al fine di concretizzare alcuni contenuti teorici nella gestione adeguata dell'incontro con l’altro.
Gli incontri si terranno a Casa Stella - sul L. Mare da Vinci 84/A a Senigallia, dalle ore 21.00 alle ore 22.30.
Per informazioni e adesioni chiamare il numero 348 6897051 o consultare il sito www.caritassenigallia.it.

lunedì 19 settembre 2011

Interni ed esterni di una casa speciale


"Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli". (Eb13,2)

Casa Stella è un mondo da raccontare. Qui ci sono persone e famiglie provate dalla precarietà di una casa che ancora manca, ma fiduciose nel futuro, capaci di andare al di là di provenienze, lingue, tradizioni. E’ un posto animato, vivace. Certo, i problemi non mancano, ma è una ‘casa’ piena di vita. Due fotografie raccontano una quotidianità particolare, abitata dai tanti colori del mondo.


Per un problema tecnico, da molti mesi a “Casa stella”  non si può chiudere la porta principale. Tutto è aperto ed è una bella metafora per un luogo e per dei cuori che sognano di essere sempre così: aperti all’altro, capaci di fiducia, paurosi soltanto di aver paura di chi è vicino. Del resto, molto spesso anche le porte dei singoli appartamenti interni sono aperte: due stanze e il bagno, niente da rubare, troppo poco per aver paura di strane incursioni. In uno di questi appartamenti, un giorno qualunque, nella stanza da pranzo un unico piatto, intorno numerosi persone, adulti e bimbi, bianchi e neri, cristiani e musulmani, culture distanti, ma un’idea luminosa di fondo: se condividiamo, moltiplichiamo le ricchezze e nessuno può dirsi escluso.

Breve cronaca di un pomeriggio di primavera. Torno a “Casa Stella” dopo il lavoro, nel tardo pomeriggio, l’aria è fresca e buona. Nel cortile antistante la struttura due ragazzi ghanesi, profughi fuggiti dalla Libia, seduti a qualche metro di distanza, volteggiano la corda e bambini di diversa provenienza sono in coda, non vedono l’ora che sia il loro turno per saltare. Altri sono impegnati in un match di mini basket, altri ancora si passano la palla con la partecipazione di qualche genitore. Intorno, crocicchi di grandi variamente assortiti che discutono, si scambiano idee, ridono, si fanno seri. Non so dover poter parcheggiare la macchina, ma profondamente divertito e colpito penso: “Che bello tornare a casa”.

Stefano & Consuelo

giovedì 15 settembre 2011

INCONTRO CARITAS PARROCCHIALI - GIOVEDI 29 SETTEMBRE 2011

GIOVEDI 29 settembre 2011 - presso la Sala dei Vescovi - a Senigallia, alle ore 21.00 ci sarà il 1° incontro delle Caritas Parrocchiali della Nostra Diocesi.


mercoledì 14 settembre 2011

Bando di Servizio Civile Sperimentale per Albania


Pubblicato un bando speciale per il progetto sperimentale di Servizio Civile Nazionale "Caschi bianchi: oltre le vendette" in Albania: 6 posti disponibili
Da oggi fino alle ore 14 del 28 settembre 2011, si può presentare la domanda per accedere alle selezioni del progetto sperimentale di Servizio Civile Nazionale all'Estero "Caschi bianchi: oltre le vendette"sui temi della difesa civile non armata e non violenta. Il progetto si realizzerà in Albania e avrà l'obiettivo generale di promuovere meccanismi di riconciliazione e ricomposizione dei conflitti generati dalle "vendette di sangue".

Gli enti proponenti il progetto sono l'Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII (capofila), FOCSIV e la Caritas Italiana.
Questo è il dettaglio dei posti messi a bando:
• Ente "Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII" - SCUTARI - ALBANIA - n. 3 posti
• Ente "Caritas Albania - Centro della pace di Baqel" - BAQEL - ALBANIA - n. 2 posti
• Ente "LVIA – Socio FOCSIV" - SCUTARI - ALBANIA - n. 1 posto

Possono candidarsi a partecipare tutti i cittadini italiani tra i 18 ed i 29 anni (non compiuti alla data di presentazione della domanda).

Le domande per la partecipazione dovranno pervenire, entro le ore 14 del 28/09/2011 (non fa fede il timbro postale), presso:

ASS.COMUNITA' PAPA GIOVANNI XXIII
VIA D. ALIGHIERI, SCN
61013 MERCATINO CONCA (PU)

Ulteriori informazioni sul progetto, le modalità di candidatura e selezione, le attività previste possono essere richieste all'Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII, telefonando al num.            800-913596       o attraverso il sito www.odcpace.org.

lunedì 12 settembre 2011

"L'estate sta finendo....." e "No tengo Dinero"....

Il titolo del post riprende due canzoni famose degli anni '80 dei fratelli Righeira, ma il testo del racconto (di Silvia, la coordinatrice del CdS e di Casa Stella) non parla di musica - vuole solo tenervi informati sulle attività della Caritas Diocesana nel corso di questi mesi estivi per incominciare a riflettere tutte insieme su cosa ci aspetta nel prossimo autunno.
Caritas Diocesana


"Con l’estate che sia avvia ormai a conclusione, è possibile fare un bilancio delle attività condotte dalla Caritas Diocesana anche nel periodo estivo. Nonostante il clima di spensieratezza che i caldi mesi dell’estate portano con sé, le strutture gestite dalla Fondazione Caritas Senigallia – Onlus non hanno conosciuto sosta. Questa ad oggi gestisce quattro centri di accoglienza: Casa San Benedetto, che accoglie gestanti e madri con figli a carico per periodi di lunga durata, Casa Sant’Ubaldo, aperta ad accogliere in situazioni di emergenza mamme con bimbi che improvvisamente non abbiano più una casa dove tornare, il Centro di Solidarietà don Luigi Palazzolo, che tratta il disagio adulto e Casa Stella, che ospita nuclei familiari con minori e profughi richiedenti asilo politico.
La crisi economica, che ha segnato moltissimi di noi, continua a creare preoccupazioni per tutte quelle persone, italiane e straniere, che si trovano a vivere situazioni di precarietà lavorativa ed abitativa: molti sono stati gli inserimenti nelle strutture, effettuati negli ultimi mesi,  a causa di sfratti e licenziamenti. La situazione purtroppo è più complessa nel caso di singoli o nuclei familiari immigrati, stabilmente presenti nel nostro territorio. A differenza di molti italiani, infatti, non possono contare sul supporto di parenti o genitori vicini, che in caso di necessità sono risorsa preziosissima per l’autonomia.
Ad oggi le strutture sopra elencate contano nell’insieme più di cento individui accolti in regime residenziale, un quinto di questi sono minori: persone e nuclei familiari che quotidianamente vengono accompagnati e seguiti verso la difficile meta dell’autonomizzazione, obiettivo ambito e desiderato in un contesto sociale di precarietà ed incertezza. Nell’impegno alla prevenzione ed al contrasto delle situazioni di povertà, nel periodo estivo c’è stato spazio anche per tutte quelle persone che erano alla ricerca di un alloggio temporaneo: i settori della pronta accoglienza e della mensa, presso il Centro di Solidarietà, non hanno visto nemmeno un giorno di chiusura, garantendo apertura senza interruzioni anche nel mese di agosto. Questo ha consentito di offrire ospitalità ogni sera ad una media di dieci persone, alla ricerca di un alloggio temporaneo dove poter riposare.
Le attività condotte nell’estate 2011 non si sono limitate comunque a garantire il ricovero di persone in difficoltà: il Fondo di Solidarietà diocesano, istituito nel marzo del 2009, ha continuato a registrare interventi nella forma di pagamenti del canone di locazione, assicurazioni auto, medicinali, libri scolastici per ragazzi, buoni spesa etc. Molte sono state inoltre le iniziative svolte nel tentativo di creare contesti relazionali di condivisione ed ascolto, che potessero suggerire a ciascuno possibilità di vicinanza indipendentemente dalle differenze geografiche, culturali o religiose. Tra queste sono degne di nota le attività ricreative organizzate dal Centro Interculturale Le Rondini, le gite pensate per i bambini di Casa San Benedetto, e tutte le attività estive previste a Casa Stella. L’aperitivo con conferenza al mare, le visite al parco Oltremare, il corso di nuoto per bambini, la partecipazione dei profughi ad alcune iniziative cittadine con musiche e balli, sono solo un esempio di quanto fatto nei mesi appena trascorsi.
In attesa di realizzare la programmazione invernale, una menzione particolare va riservata a tutti i volontari dell’Associazione “IL SEME” – in totale sono circa quattrocento – che hanno quotidianamente garantito l’apertura dei servizi estivi presso le strutture gestite dalla Fondazione Caritas: il loro impegno, attraverso la gratuità delle azioni, ha consentito vicinanza a tutte quelle persone in difficoltà che, proprio nei periodi di vacanza, rischiano di sentirsi ancor più sole ed emarginate".

Silvia Artibani – Coordinatrice Centro di Solidarietà e Casa Stella
Caritas Diocesana di Senigallia


giovedì 8 settembre 2011

Corso di Formazione per volontari Casa Stella

ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO IL SEME
e Caritas Diocesana di Senigallia

organizzano

Corso di Formazione per nuovi volontari di Casa Stella

OBIETTIVI DEL PERCORSO
   1)       coinvolgere alcune comunità parrocchiali nella collaborazione con le strutture e realtà gestite dalla Caritas Diocesana nei propri territori
   2)       aggiornarsi sulle problematiche esistenti in materia di immigrazione, volontariato e risorse del territorio
   3)       approfondire la conoscenza di nuove esperienze e modalità di coinvolgimento tra volontari e famiglie in difficoltà
4)       rafforzare la collaborazione tra Caritas Diocesana e Caritas Parrocchiali
5)       conoscenza diretta dei luoghi e delle attività delle strutture di accoglienza

Calendario Incontri:

1° tappa
LUNEDI'  3 Ottobre 2011 alle ore 21.00
Volontariato ed intervento sociale con il protagonismo
del no profit: verso la welfare society e l'empowerment comunitario

Relatori: dott. Moreno Baggini - vicedirettore Caritas Diocesana di Tortona e AVM – Associazione Volontari Marchigiani

2° tappa
LUNEDI'  17 Ottobre 2011 alle ore 21.00
I rapporti tra le famiglie migranti e il rapporto
intergenerazionale tra immigrati di 1° e 2° generazione

Relatore: dott. Francesco Paletti – Dossier Statistico Immigrazione Caritas Regionale Toscana

3° tappa
LUNEDI'  24 Ottobre 2011 alle ore 21.00
Orientamento legale per migranti, l'accompagnamento
legale alle esigenze delle famiglie di immigrati
Relatore: Dott. Oliviero Forti -  Responsabile Immigrazione di Caritas Italiana

4° tappa
LUNEDI'  14 Novembre  2011 alle ore 21.00
Esperienze di supporto alle donne immigrate - dall'integrazione scolastica al supporto tra donne - attraverso il mutuo aiuto

Relatore: dott.ssa Maria Sofia Rossetti – Coordinatrice Caritas Diocesana di Jesi

5° tappa
LUNEDI'  28 Novembre  2011 alle ore 21.00
Le proposte di supporto alle strutture della Fondazione Caritas Senigallia per le famiglie in difficoltà. Il coinvolgimento parrocchiale nel percorso delle
strutture.

Relatori: dott.ssa Silvia Artibani e Ettore Fusaro – Caritas Diocesana di Senigallia


LUOGO DELLA FORMAZIONE:

Gli incontri avranno luogo presso la Struttura di Accoglienza, condominio solidale – CASA STELLA – Lungomare da Vinci 84/a – dalle ore 21 alle 22.30.

Servizio civile - Un Esperienza di condivisione


Sono trascorsi otto mesi da quando Nicola, Laura, Beatrice e Sabrina hanno iniziato la loro esperienza di servizio civile con la Caritas a Senigallia. Il servizio che i ragazzi svolgono presso il Centro di Solidarietà Palazzolo e Casa San Benedetto si arricchisce di momenti formativi, sia all’interno dei centri stessi e sia all’interno del cammino di  vita comunitaria, perché quest’anno è un’occasione non solo per mettersi a servizio di chi è in difficoltà, ma un’opportunità per crescere dal punto di vista umano e gettare le basi per costruire il loro futuro in modo più pieno e consapevole. Proprio per questo la Caritas ha offerto a questi  ragazzi la possibilità di vivere un’esperienza di condivisione  presso il Sermig di Torino.
Il Sermig (Servizio Missionario Giovani),  è un gruppo nato a Torino nel 1964 da un'intuizione di Ernesto Olivero e dall'impegno di un gruppo di giovani decisi a sconfiggere la fame con opere di giustizia, a promuovere sviluppo, a vivere la solidarietà verso i più poveri. Dal 1983 la loro sede è l'ex arsenale militare di Torino, ribattezzato Arsenale della Pace, che migliaia di giovani, con il loro lavoro gratuito e i con contributi volontari, hanno trasformato in una casa di accoglienza per i poveri, offrendo rifugio per la notte, pasti, cure sanitarie, sostegno a persone che vogliono cambiare la loro vita; una casa di formazione per i giovani.
Qui alla fine del mese i ragazzi vivranno una  settimana di formazione per condividere la vita della Fraternità del Sermig, settimana che comprende: laboratori esperienziali e di approfondimento su mondialità e restituzione, accoglienza, pace e  spiritualità, musica e canto; lavoro manuale volto ad aiutare le persone  accolte e a supportare la ristrutturazione dell'Arsenale; momenti di spiritualità. Certamente ogni esperienza nuova porta frutto, ma ancor di più quella che i ragazzi  faranno a Torino li aiuterà a vedere la realtà e le persone con occhi diversi e cuore aperto. Questo è quello che tutti noi auguriamo loro.

Lucia Durazzi
Responsabile comunità giovani servizio civile

giovedì 1 settembre 2011

ALLA “SCUOLA DEI VOLTI”, C’È FAME DI PANE E DI FUTURO


Di Don VITTORIO NOZZA - Direttore di Caritas Italiana

Le espressioni vuote sui loro volti smunti dalla fame raccontano di un viaggio immensamente faticoso, a piedi, per centinaia di chilometri, in cerca di cibo e di acqua. Tutti camminano su una terra di nessuno, verso quella che sperano sarà la loro salvezza. Molti non ce la faranno ad allontanarsi dalla terra della siccità e della morte. Volti dentro i colori sgargianti delle vesti delle donne, e bambini rannicchiati nelle fasce sulle loro spalle. Volti di anziani che avanzano lentamente, con l’ausilio di un bastone di legno o di una canna. Volti di ragazzini più grandi, che aiutano i fratelli a mantenere il passo del resto della famiglia.
Sono rifugiati somali in fuga dalla siccità e dalla carestia che stanno flagellando il loro paese. E le regioni confinanti. Ogni giorno migliaia di loro, abbastanza fortunati da sopravvivere al viaggio, arrivano al campo profughi di Dadaab. Arrivano esausti, affamati, spesso dopo aver perso alcuni dei loro cari lungo la strada. Tra i rifugiati, sono i bambini che pagano il prezzo più alto della siccità. Più di 800 mila minori rischiano di morire per fame, se non riceveranno assistenza immediata. Ma in totale, sono due milioni e mezzo i bambini affetti da malnutrizione acuta in Etiopia, Somalia e Kenya.
Questa è la peggiore crisi alimentare in Africa da vent’anni, e la peggiore in corso nel mondo attualmente.
Per ciascun Aden, Ahned o Mohammed che sopravvive al viaggio e alla fame, ci sono migliaia di altri bambini la cui vita rischia di spegnersi lungo la strada per Dadaab. Calamità naturale? Assolutamente no. La carestia che flagella il Corno d’Africa è il prezzo del fallimento di uno stato, quello somalo. Che in vent’anni non è riuscito ad imporre un’autorità effettiva sul territorio. Ma è anche il prezzo del disinteresse della comunità internazionale. A parte interventi sporadici, si è rimasti a guardare l’agonia della Somalia, lacerata da una guerra senza fine.

Vietato essere indifferenti 

Troppo tardi, troppo poco? Questo sembra essere il timore degli operatori umanitari. Questa è l’accusa latente, il filo che lega le tante dichiarazioni intorno alla devastante carestia che infierisce sul Corno
d’Africa e dal sud somalo e a raggiera investe Etiopia e Kenya, mietendo un numero ancora sconosciuto
di vittime.
Il mondo non può stare a guardare. Il conto totale presentato dalle Nazioni Unite è molto salato: 1,6 miliardi di dollari (era la stima di luglio) per salvare la vita di almeno 12 milioni di persone a rischio. Si assiste a
rinvii e a scarse disponibilità, per una crisi che era stata ampiamente annunciata dalle organizzazioni
umanitarie e che per mesi è rimasta colpevolmente dimenticata Il disastro, insomma, è recente, ma le sue radici sono lontane. E lo si è visto inesorabilmente arrivare. Ma non si è fatto assolutamente nulla. Perché? È una questione di volontà politica. Gli aiuti – quelli che già ci sono, quelli che si spera giungeranno in quantità massiccia – affluiranno verso Mogadiscio, la capitale somala, sulla quale il Programma alimentare mondiale dell’Onu ha provato ad allestire un ponte aereo, verso i campi profughi già esistenti oltreconfine, nel sud etiopico, a Dollo Ado, e nell’estremo est keniano, appunto a Dadaab. Ma in mezzo a questo ampio territorio c’è un immenso buco nero, il sud somalo, l’epicentro della carestia. È soprattutto lì che la gente è morta e sta morendo. È lì che signoreggiano gli Shabaab, le milizie islamiche collegate ad Al Qaeda. È lì che si fatica. Ed è lì che è impedito intervenire.
«È vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e degli assetati»: così papa Benedetto XVI all’Angelus di domenica 31 luglio. Certamente la crisi dei mercati internazionali ha creato e crea non pochi
problemi ai paesi donatori, molti dei quali stanno letteralmente cancellando la spesa sociale. Viviamo in un
mondo nel quale la globalizzazione consiste essenzialmente nello scaricare su altri gli effetti della propria ingordigia, poco importa che si tratti di sfruttare le materie prime nei paesi africani o speculare finanziariamente in Borsa, riducendo al lastrico risparmiatori e imprese medio-piccole che rappresentano il volano della cosiddetta “economia reale”.
I numeri non dicono tutto. Si è all’inizio di un dramma che potrebbe durare molti mesi. È vietato essere indifferenti. Le tragedie odierne dei profughi, in cerca di sopravvivenza, rappresentano per le nostre coscienze una forte provocazione. Si sta parlando di popolazioni che per più di 15 anni hanno ricevuto un’assistenza molto limitata e circoscritta ai bisogni di base, senza un sostegno duraturo verso l’uscita dal rischio. Va detto che la siccità è altamente prevedibile e gestibile. Le condizioni climatiche si sono però sommate a un peggioramento, anno dopo anno, della società somala. In mancanza di un governo vero, nessuna istituzione locale si è presa cura della popolazione, fortemente indebolita da povertà, instabilità, insicurezza.

La colletta ecclesiale del 18 settembre

Benedetto XVI spesso sottolinea che «la povertà e la fame sono il risultato di atteggiamenti egoistici che, partendo dal cuore dell’uomo, si manifestano nel suo agire sociale». Un’affermazione forte, che obbliga tutti noi alla responsabilità verso la povertà che dilaga. Quanti poveri nelle nostre periferie! Sono persone provate dalla sofferenza, dalla miseria e dall’abbandono. Stanno sotto gli occhi, questi disperati, vivono in scatoloni, tende, sotto i cavalcavia, in edifici diroccati. Sono affamati, ammalati, sporchi. E non mancano bambini con le guance rigate da paura e sofferenza.
Disturba, l’indifferenza che ignora i poveri e li allontana sempre più dagli occhi del cuore. Se manca questa
sensibilità, se il “cuore” si è impietrito, aspettiamoci il rigetto del povero. Occorre un piano di “recupero di umanità”. Educhiamo piccoli e grandi a stare con i volti e le storie di povertà. Recuperiamo questa umanità, se desideriamo una terra nuova. Recuperiamoci umanamente, per camminare con responsabilità sulla strada che da Gerusalemme porta, da “prossimi”, a Gerico.
Diversamente, è la sconfitta umana più grande e pericolosa che si possa verificare nella nostra piccola storia.
Ed è anche la grande sconfitta del contesto sociale, nazionale e internazionale, che rischia di tamponare solo
temporaneamente la fame, la povertà del mondo attraverso proclami, decreti, interventi straordinari. Mettiamoci invece alla “scuola dei volti” dei nostri territori, per non disattendere la responsabilità verso i volti poveri e impoveriti del mondo.
Domenica 18 settembre le chiese in Italia, e gli uomini e le donne di buona volontà, sono chiamate a una
grande colletta, “Fame di pane e di futuro”. Spezziamo il nostro pane con gli impoveriti del Corno d’Africa. Ci sarà più facile anche accorgerci dei tanti impoveriti che ci attorniano, nelle nostre città.