“La carità per essere
efficace deve conoscere approfonditamente le situazioni concrete di povertà. Di
qui il senso di questa indagine, realizzata seguendo il metodo della Caritas
che si fonda sul vedere, giudicare e poi agire.” Così il Vescovo di Senigallia,
Mons. Giuseppe Orlandoni ha aperto l'incontro alla Chiesa dei Cancelli di
venerdì 27 gennaio, in cui è stato presentato il Rapporto Diocesano delle
Povertà “Carità e missione. Documento di riflessione sulle povertà e le
fragilità.”
Il Direttore della Caritas di Senigallia, don Aldo
Piergiovanni, ha sottolineato come questo lavoro, che si inserisce nel cammino
del Sinodo diocesano, rappresenti non solo un documento di riflessione, ma
anche di formazione, perché, proprio dal Sinodo diocesano, è emerso che la
carità viene ancora intesa come iniziativa pratica e non nella sua pienezza
evangelica e che c'è scarsa preparazione di fronte alle nuove forme di povertà
e alle loro cause. L'invito del Sinodo è
di promuovere l'uscita dai percorsi di sofferenza per rendere autonome le
persone in difficoltà e di evidenziare il legame profondo tra catechesi e
carità.
All'incontro era presente anche Mons. Giuseppe Merisi,
Vescovo di Lodi e Presidente di Caritas
Italiana, che ha proposto una riflessione pastorale su Povertà e Fragilità,
partendo da cosa pensa il Signore Gesù su povertà e carità, cosa ne pensa la Chiesa e cosa possiamo fare
concretamente nelle diocesi. Citando più passi dei Vangeli, in particolare
Matteo, ha sottolineato la necessità di amare il prossimo, nel senso di venire
incontro alle necessità degli altri, che sono fragili, in difficoltà. Questa
condizione di fragilità è legata non solo alla mancanza di mezzi ma anche di
altro. La possiamo vedere nella persistenza dell'illegalità, nello sfruttamento
del lavoro degli immigrati, nella dipendenza, nella diversa abilità, nella
delinquenza minorile, nella condizione dei carcerati, nella negazione della
vita e della dignità, e in molte altre situazioni. Vivere la fede significa
guardare con occhi di bontà gli ultimi, gli emarginati, coloro che si trovano
in condizione di fragilità, in difficoltà.
I dati ISTAT confermano la
tendenza all'impoverimento delle famiglie. C'è forte criticità dell'occupazione
che colpisce soprattutto i giovani. Il volto della povertà sta cambiando a
causa di problemi occupazionali, familiari, abitativi. Emergono nuove povertà
giovanili, c'è nuova emergenza degli immigrati, e molto altro. Come rispondere
a questa difficoltà? La
Caritas è invitata ad offrire percorsi attraverso i volontari
per educare i giovani alla responsabilità, per la formazione permanente. Questa
impegno pedagogico è un valore fondamentale a servizio del territorio. Un altro
valore è la testimonianza: bisogna guardare con occhi di bontà a tutte le
persone con cui viviamo, poi all'emarginato. Bisogna sentirsi dentro uno spirito
di comunità. La Caritas
insieme alle altre associazioni intende offrire la capacità di un percorso ai
giovani per mettersi a disposizione. Occorre promuovere il bene comune a
partire dalla carità, rimuovendo gli ostacoli che impediscono di impegnarsi nel
rispetto delle reciproche responsabilità, a partire dai poveri e dagli ultimi.
Il Professor Emanuele
Pavolini dell'Università degli Studi di Macerata ha analizzato i dati dello
studio, sottolineando alcuni aspetti importanti. Anche se la situazione in
Italia nei prossimi anni peggiorerà, ci sono dati positivi. Il primo “tesoro
sociale” è rappresentato da questi dati: 400 volontari nel nostro territorio,
28 parrocchie che distribuiscono alimenti, 35 Caritas parrocchiali, 275 mila
euro elargiti dal Fondo di solidarietà nel periodo 2009-2011. Il numero dei
volontari è una forza estremamente rilevante. 7000 persone su 130000 abitanti
di questa diocesi sono state contattate dalla Caritas, quindi 1 persona su 20
si trova in difficoltà. Fare volontariato significa anche contribuire al Fondo
di solidarietà e ben 1300 famiglie, molte delle quali non in buone condizioni
economiche, fanno donazioni mensili al fondo. Questa solidarietà ci può aiutare
ad affrontare i tempi duri.
Un altro aspetto positivo
riguarda la sinergia con le istituzioni pubbliche e con le imprese. Il progetto
FARIS mette in campo una collaborazione efficace fra Fiorini Industrial
Packaging, il Comune, la
Caritas e l'Università Politecnica delle Marche sul programma
di ricerca triennale dal titolo “La responsabilità sociale di impresa in
un'ottica integrata: Le famiglie a rischio di disagio nel Comune di
Senigallia”. Le sfide vanno affrontate in un'ottica sinergica, in cui ognuno dà
il proprio contributo, senza per questo pensare che le amministrazioni
pubbliche fanno un passo indietro, perché il volontariato lavora meglio laddove
c'è un'amministrazione pubblica forte. Naturalmente la Caritas diocesana non si
può sostituirsi al ruolo degli enti pubblici nel rispondere a tutti i bisogni
della popolazione, né tale istituzione è l'unica nel campo del mondo del
volontariato e del terzo settore ad occuparsi di temi inerenti le politiche
sociali.
Un dato molto preoccupante,
emerso dall'indagine, riguarda il ritorno degli italiani fra gli utenti della Caritas.
Prima erano pochissimi, ma negli ultimi anni il 48% degli interventi ha riguardato
famiglie italiane. C'è inoltre il ritorno di famiglie di immigrati, che erano
state aiutate dalla Caritas molti anni fa ed erano diventate autonome, ma ora
sono di nuovo in difficoltà. Un altro elemento di grave preoccupazione riguarda
le reti parentali. Anni fa, in momenti di crisi le reti parentali erano di
aiuto, ora invece “saltano” i meccanismi di redistribuzione e di compensazione
interni alle reti familiari. Le giovani coppie, che a mala pena riescono a sostenersi
economicamente, difficilmente possono venire in aiuto dei genitori anziani, in
presenza di difficoltà economiche o di salute. Le coppie in età centrale
faticano a farsi carico sia dei genitori anziani che delle necessità dei figli
in uscita dal nucleo familiare. In molti casi le famiglie da risorse diventano
problema. Il 4-5% delle famiglie si impoveriscono per spese sanitarie che
spesso sono legate all'invecchiamento. Addirittura molti rinunciano a farsi
curare.
Cominciano ad esserci coppie
che non si separano per non diventare poveri.
Un altro dato preoccupante è
che cresce l'indebitamento di molte famiglie e una fetta di questo deriva da
spese non necessarie, come spese per cerimonie, alle quali non sono disposte a
rinunciare per motivi culturali o di legittimazione sociale. Il problema si
pone anche per spese voluttuarie, come televisori al plasma o cellulari.
Sta emergendo, inoltre,
un'altra categoria di soggetti a rischio di disagio: le famiglie numerose
provenienti dai comuni del Sud Italia, prive, nel contesto locale, di reti
parentali sulle quali fare affidamento per sostegno economico e per la cura dei
figli.
La crisi colpisce sempre più
fasce di popolazione non abituate e silenti, che non parlano dei problemi.
Questa è la povertà nella “normalità”. Si sta passando da un modello di
sviluppo economico fondato sul cosiddetto lavoro salariale, a tempo
indeterminato e alle dipendenze, ad un modello caratterizzato dalla
flessibilità e alla adattabilità immediata, a detrimento della sicurezza del
posto di lavoro tipica del passato.
Un altro elemento di
mutamento riguarda le dinamiche interne della famiglia che mostra segni di
instabilità e di difficoltà di funzionamento, dalla diminuzione del tasso di
natalità alla crescente instabilità coniugale. Accanto a questo, anche il
modello di welfare pubblico mostra importanti criticità: nel nostro territorio,
come nel resto d'Italia, la risposta pubblica ai bisogni degli anziani,
famiglie con minori, famiglie in cerca di abitazione, immigrati e persone in difficoltà
è insufficiente. Stiamo assistendo ad un cambiamento nelle caratteristiche
della domanda sociale e dei bisogni non solo quantitativa ma anche qualitativa.
Nei prossimi anni dovremo aiutare persone con problemi economici ma che
mascherano altri disagi. Vanno aiutate nel come spendere i soldi. Si pone il
problema di offrire una forma di educazione per fare spese in modo
responsabile. Non occorre solo un sostegno economico o spirituale, ma anche cognitivo.
E questa è una grande sfida da affrontare con strumenti adeguati, con la
conoscenza e la formazione.
Barbara Assanti
Ufficio
Stampa Caritas Diocesana