martedì 26 giugno 2012

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI - VISITA PASTORALE NELLE ZONE TERREMOTATE DELL'EMILIA ROMAGNA


Cari fratelli e sorelle!
Grazie per la vostra accoglienza!
Fin dai primi giorni del terremoto che vi ha colpito, sono stato sempre vicino a voi con la preghiera e l’interessamento. Ma quando ho visto che la prova era diventata più dura, ho sentito in modo sempre più forte il bisogno di venire di persona in mezzo a voi. E ringrazio il Signore che me lo ha concesso!
Sono allora con grande affetto con voi, qui riuniti, e abbraccio con la mente e con il cuore tutti i paesi, tutte le popolazioni che hanno subito danni dal sisma, specialmente le famiglie e le comunità che piangono i defunti: il Signore li accolga nella sua pace. Avrei voluto visitare tutte le comunità per rendermi presente in modo personale e concreto, ma voi sapete bene quanto sarebbe stato difficile. In questo momento, però, vorrei che tutti, in ogni paese, sentiste come il cuore del Papa è vicino al vostro cuore per consolarvi, ma soprattutto per incoraggiarvi e per sostenervi. Saluto il Signor Ministro Rappresentante del Governo, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, e l’Onorevole Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia-Romagna, che ringrazio di cuore per le parole che mi ha rivolto a nome delle istituzioni e della comunità civile. Desidero ringraziare poi il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, per le affettuose espressioni che mi ha indirizzato e dalle quali emerge la forza dei vostri cuori, che non hanno crepe, ma sono profondamente uniti nella fede e nella speranza. Saluto e ringrazio i Fratelli Vescovi e Sacerdoti, i rappresentanti delle diverse realtà religiose e sociali, le Forze dell’ordine, i volontari: è importante offrire una testimonianza concreta di solidarietà e di unità. Ringrazio per questa grande testimonianza, soprattutto dei volontari!
Come vi dicevo, ho sentito il bisogno di venire, seppure per un breve momento, in mezzo a voi. Anche quando sono stato a Milano, all’inizio di questo mese, per l’Incontro Mondiale delle Famiglie, avrei voluto passare a visitarvi, e il mio pensiero andava spesso a voi. Sapevo infatti che, oltre a patire le conseguenze materiali, eravate messi alla prova nell’animo, per il protrarsi delle scosse, anche forti; come pure dalla perdita di alcuni edifici simbolici dei vostri paesi, e tra questi in modo particolare di tante chiese. Qui a Rovereto di Novi, nel crollo della chiesa – che ho appena visto – ha perso la vita Don Ivan Martini. Rendendo omaggio alla sua memoria, rivolgo un particolare saluto a voi, cari sacerdoti, e a tutti i confratelli, che state dimostrando, come già è avvenuto in altre ore difficili della storia di queste terre, il vostro amore generoso per il popolo di Dio.
Come sapete, noi sacerdoti – ma anche i religiosi e non pochi laici – preghiamo ogni giorno con il cosiddetto «Breviario», che contiene la Liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa che scandisce la giornata. Preghiamo con i Salmi, secondo un ordine che è lo stesso per tutta la Chiesa Cattolica, in tutto il mondo. Perché vi dico questo? Perché in questi giorni ho incontrato, pregando il Salmo 46, questa espressione che mi ha toccato: «Dio è per noi rifugio e fortezza, / aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. / Perciò non temiamo se trema la terra, / se vacillano i monti nel fondo del mare» (Sal 46,2-3). Quante volte ho letto queste parole? Innumerevoli volte! Da sessantun anno sono sacerdote! Eppure in certi momenti, come questo, esse colpiscono fortemente, perché toccano sul vivo, danno voce a un’esperienza che adesso voi state vivendo, e che tutti quelli che pregano condividono. Ma – vedete – queste parole del Salmo non solo mi colpiscono perché usano l’immagine del terremoto, ma soprattutto per ciò che affermano riguardo al nostro atteggiamento interiore di fronte allo sconvolgimento della natura: un atteggiamento di grande sicurezza, basata sulla roccia stabile, irremovibile che è Dio. Noi «non temiamo se trema la terra» – dice il salmista – perché «Dio è per noi rifugio e fortezza», è «aiuto infallibile … nelle angosce».
Cari fratelli e sorelle, queste parole sembrano in contrasto con la paura che inevitabilmente si prova dopo un’esperienza come quella che voi avete vissuto. Una reazione immediata, che può imprimersi più profondamente, se il fenomeno si prolunga. Ma, in realtà, il Salmo non si riferisce a questo tipo di paura, che è naturale, e la sicurezza che afferma non è quella di super-uomini che non sono toccati dai sentimenti normali. La sicurezza di cui parla è quella della fede, per cui, sì, ci può essere la paura, l’angoscia – le ha provate anche Gesù, come sappiamo – ma c’è, in tutta la paura e l'angoscia, soprattutto la certezza che Dio è con noi; come il bambino che sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà, perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada. Così siamo noi rispetto a Dio: piccoli, fragili, ma sicuri nelle sue mani, cioè affidati al suo Amore che è solido come una roccia. Questo Amore noi lo vediamo in Cristo Crocifisso, che è il segno al tempo stesso del dolore, della sofferenza, e dell’amore. E’ la rivelazione di Dio Amore, solidale con noi fino all’estrema umiliazione.
Su questa roccia, con questa ferma speranza, si può costruire, si può ricostruire. Sulle macerie del dopoguerra – non solo materiali – l’Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace. Voi siete gente che tutti gli italiani stimano per la vostra umanità e socievolezza, per la laboriosità unita alla giovialità. Tutto ciò è ora messo a dura prova da questa situazione, ma essa non deve e non può intaccare quello che voi siete come popolo, la vostra storia e la vostra cultura. Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno.
La situazione che state vivendo ha messo in luce un aspetto che vorrei fosse ben presente nel vostro cuore: non siete e non sarete soli! In questi giorni, in mezzo a tanta distruzione e tanto dolore, voi avete visto e sentito come tanta gente si è mossa per esprimervi vicinanza, solidarietà, affetto; e questo attraverso tanti segni e aiuti concreti. La mia presenza in mezzo a voi vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza. Guardando le vostre terre ho provato profonda commozione davanti a tante ferite, ma ho visto anche tante mani che le vogliono curare insieme a voi; ho visto che la vita ricomincia, vuole ricominciare con forza e coraggio, e questo è il segno più bello e luminoso.
Da questo luogo vorrei lanciare un forte appello alle istituzioni, ad ogni cittadino ad essere, pur nelle difficoltà del momento, come il buon samaritano del Vangelo che non passa indifferente davanti a chi è nel bisogno, ma, con amore, si china, soccorre, rimane accanto, facendosi carico fino in fondo delle necessità dell’altro (cfr Lc 10,29-37). La Chiesa vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che si impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie.
Cari amici, vi benedico tutti e ciascuno, e vi porto con grande affetto nel mio cuore.

mercoledì 20 giugno 2012

Giornata Mondiale del Rifugiato - Contributo di Caritas Italiana


Giornata Mondiale del Rifugiato – Roma 20 giugno 2012

Oliviero Forti – Caritas Italiana


Ringrazio l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per avermi concesso, a nome del tavolo asilo (di cui fanno parte numerose organizzazioni di tutela oggi presenti), l’opportunità di contribuire a questa importante celebrazione. 

La mia breve riflessione prende le mosse da una figura del diritto romano, quella dell’homo sacer, un'espressione latina che tradotta letteralmente significa l’uomo sacro. Colui che è tale non in quanto essere divino ma, al contrario, è un uomo soggetto al giudizio degli dèi. La sacertà è una sorta di pena religiosa, comminata a colui che agiva in modo tale da mettere in pericolo i rapporti di amicizia tra la collettività e gli déi, i quali garantivano la pace e la prosperità della civitas. Incrinare tale rapporto "sacro", tra società e déi, 
significava porre in pericolo la stessa sopravvivenza della collettività. Per questo la vita di un homo sacer era priva di valore sia umano che divino. 

Gli atti di sacertà, quando posti in essere, erano considerati tanto gravi da non poter essere puniti neppure dai cittadini, ma unicamente dagli déi. Il reo, quindi, non si vedeva comminare una pena, ma veniva isolato dal gruppo, abbandonato da chiunque. 

Quella dell’uomo sacro è, evidentemente, una metafora della società moderna dove la legittimazione dello spazio politico, dei confini statuali, è spesso costruita sull’esclusione degli uomini sacri, di coloro che Bauman arriva a chiamare i rifiuti contemporanei, ovvero persone private dei loro modi e mezzi di sopravvivenza. Mi riferisco agli esuli, ai richiedenti asilo e ai rifugiati. La modernità, dice Bauman, è luogo di scarti umani, quelli che mal si adattano al modello progettato, al modello di Stato chiamato ad assicurare il benessere sempre e comunque. 

Sul binomio di opposizione e di esclusione si è costruita l’identità statale, secondo una coincidenza tra identità di popolo e confini dello Stato, entro cui questo stesso popolo cresce e sviluppa la propria coesione escludente. 

Lo Stato contemporaneo rivendica ancora oggi, in un contesto globalizzato, la pretesa del diritto di esenzione, con la volontà di poter salvaguardare la propria progettualità e la propria esistenza. Ma tale convinzione è fittizia in quanto lo Stato si trova impossibilitato a garantire le sicurezze economiche e 
lavorative dei cittadini (la crisi ne è testimonianza viva), quando poi non deve addirittura scontrarsi con entità sovranazionali che ne limitano il raggio di azione. 

Vien da sé il riferimento alla sentenza CEDU sul caso Hirsi ed altri: uno Stato, quello Italiano, che nella pretesa di salvaguardare la propria progettualità e la propria esistenza, deroga al diritto interno ed internazionale, respingendo coloro che incarnano tutto ciò che i nativi temono e che suscita loro un 
profondo disagio in quanto specchio di quella fragilità umana che noi preferiremmo non ricordare. Nonostante il nostro paese, per quei respingimenti, sia stato condannato dalla CEDU, purtroppo nulla sappiamo circa l’accordo tra Italia e Libia di cui abbiamo, invece, una flebile traccia nel processo verbale recentemente pubblicato dalla stampa nazionale da dove non si evince alcun riferimento circa le garanzie per i richiedenti asilo, né l'inserimento di disposizioni che vincolino in modo più stringente ogni programma di cooperazione al rispetto del diritto internazionale ed europeo sulla tutela dei rifugiati e dei diritti umani. 

Siamo convinti, invece, che la previsione di un supporto alle nuove autorità libiche nel dotare il paese di un ordinamento giuridico conforme agli standard internazionali in materia di diritti dell’uomo e il sostegno, anche attraverso interventi di cooperazione, allo sviluppo di sistemi di protezione adeguati nei confronti dei rifugiati e delle vittime di tratta, debba costituire una priorità nei rapporti di collaborazione tra i due paesi. 

Purtroppo con i respingimenti si è ribadito quel principio di sicurezza tanto caro ad un potere politico in cerca di legittimazione. I governi, privati dai processi di globalizzazione delle loro prerogative statuali, catalizzano la loro forza ed attenzione su bersagli che possono contrastare più facilmente come i migranti, gli esuli, i rifugiati, contro cui possono scaricare le ansie e i timori derivanti da processi globali su cui lo Stato ormai non ha più alcun potere di determinazione, a partire dall’economia e dal lavoro. 

Eppure quei processi globali, che non si riesce più a governare come entità nazionali, sono alla base dei flussi che vedono migranti e rifugiati spostarsi numerosi sul nostro pianeta, in cerca di protezione e di risposte. 

Lo scorso anno ne abbiamo accolti, a seguito delle note vicende nord Africane, oltre 55 mila, in uno sforzo congiunto tra istituzioni e privato sociale che va certamente ricordato e sottolineato. Ma è giunto il momento di andare oltre, di superare quella che fino a ieri era un’emergenza e che oggi rischia di trasformarsi in un definitivo fallimento del sistema. 

Le soluzioni per affrontare con determinazione questa empasse sono state più volte ricordate alle istituzioni competenti e rimaniamo in attesa di presentarle come tavolo asilo, che qui oggi rappresento, direttamente al Ministro Cancellieri. 

Innanzitutto il primo passo da fare è

a) rilasciare un permesso di protezione umanitaria/temporanea, a coloro la cui domanda è stata rigettata, convinti che anche l’Europa capirebbe questa scelta dettata innanzitutto dal buon senso; 

b) dare garanzia di continuità ai percorsi di accoglienza (e quindi ai relativi finanziamenti) fino al 31 dicembre 2012. La prosecuzione delle misure di accoglienza e il rilascio dei permessi di soggiorno per motivi umanitari 
non sono aspetti tra loro indipendenti, ma rispondono alla medesima logica: quella di supportare con misure appropriate il superamento dell'emergenza. Le misure di accoglienza per i profughi dal Nord Africa, infatti, non dovrebbero più limitarsi, come purtroppo è avvenuto in molti casi, ad una mera ospitalità, ma vanno strutturate in modo da essere funzionali a sostenere una progressiva autonomia abitativa e lavorativa delle persone accolte. 

c) garantire l'assorbimento nel sistema SPRAR dei programmi/progetti che durante l'emergenza Nord-Africa hanno garantito standard idonei di tutela e hanno concretamente dimostrato di rispondere ai requisiti 
previsti dallo stesso SPRAR.

In generale ribadiamo con forza che il caotico e costoso affastellarsi di interventi straordinari di emergenza, avvenuto nel 2011 e 2012, solo in minima parte può essere ricondotto ad un effettivo aumento delle domande di asilo (che pure c'è stato), ma è diretta conseguenza delle carenze strutturali del sistema d'asilo italiano, da anni sottodimensionato rispetto alle reali esigenze dell'accoglienza dei richiedenti asilo e del tutto inidoneo. Appare sempre più urgente che l'Italia si doti di un sistema di accoglienza efficiente che sia in 
grado di gestire la protezione dei richiedenti asilo e i percorsi di inclusione dei titolari di protezione internazionale o umanitaria, specie nelle grandi aree metropolitane, attraverso mezzi e procedure ordinarie. 

Crediamo che investire in un sistema di accoglienza in grado di restituire al richiedente asilo e al rifugiato la sua dignità di persona umana, significhi far transitare il suo destino dalla condizione di uomo sacro, l’homo sacer di romana memoria, alla sacralità dell’uomo. Non più, dunque, l’indesiderato, il reietto a cui le società moderne chiudono le porte e i porti (il caso di Lampedusa è paradigmatico), e per il quale progettano e creano luoghi “sicuri” frutto di una politica per la sicurezza non più sostenibile, ma il fratello per cui 
promuovere, come ci ricorda Benedetto XVI, “nuove progettualità politiche, economiche e sociali, che favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela della famiglia, l’accesso ad una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza”. 


giovedì 14 giugno 2012

40 anni di CARITAS SENIGALLIA: GRANDE FESTA l'1/07/12


Il prossimo 1 Luglio 2012 la Caritas Diocesana di Senigallia compirà 40 anni.  Essa è stata infatti istituita dal vescovo emerito Mons. Odo Fusi-Pecci il primo luglio 1972.
Festeggeremo il suo 40° compleanno domenica 01 Luglio 2012 presso l’Agriturismo “La Giara”,  via San Paterniano n° 1 a Serra De' Conti.
 Ci aiuteranno nella riflessione i Direttori della Caritas Diocesana di Senigallia che si sono alternati alla guida di quest’ufficio pastorale dal 1972 ad oggi, sarà anche un importante momento per presentarVi la nuova strutturazione e le ultime iniziative della Caritas Diocesana.
Il PROGRAMMA della giornata è il seguente:
ore 16.00/16.30: arrivi ed accoglienze
ore 17.00:  tavola rotonda: “i direttori raccontano”, con le testimonianze dei direttori della Caritas Diocesana di Senigallia dal 1972 ad oggi
ore 18.30: presentazione della Cooperativa Sociale “Undicesimaora” e delle attività in corso
Ore 18.45: conclusioni del Vescovo diocesano e Presidente della Caritas Diocesana Mons. Giuseppe Orlandoni
Ore 19.00: momento conviviale per cena.
Ci piacerebbe foste tutti presenti per l'iniziativa, vi prego di estendere l'invito ai vostri cari e familiari, oltre a tutti i volontari che in questi 40 anni hanno contribuito con il loro tempo a creare la Caritas così come oggi noi la conosciamo.
Al fine di poter organizzare al meglio l’evento (e la cena in particolar modo) vi prego di comunicarci entro e non oltre il 24 giugno la vostra presenza. 
A disposizione per qualunque info! 



martedì 12 giugno 2012

INAUGURAZIONE CENTRI DI ASCOLTO DI MARZOCCA E MONTIGNANO


Carissimi, 
il prossimo 17 giugno alle 12.15 si inaugurerà il Centro di Ascolto parrocchiale di Marzocca

mentre

il prossimo 23 giugno alle 19.00 si inaugurerà il Centro di Ascolto parrocchiale di Montignano

un grazie a tutti coloro che hanno portato aventi questo bel cammino di servizio per la comunità

LA CARITAS DIOCESANA



Anno di Volontariato Sociale - AVS - Caritas Senigallia e Pastorale Giovanile


Carissimi,
la Caritas Diocesana di Senigallia e la Pastorale Giovanile di Senigallia lanciano l'esperienza di Anno di Volontariato Sociale. 

E' rivolto ai giovani di età tra i 18 e 28 anni. 5 posti.

Puoi richiedere di parteciapre entro il 15 settembre 2012

PER SAPERNE DI PIU'
Caritas Senigallia
Piazza GAribaldi, 3 Senigallia - 071 60274
associazioneilseme@caritassenigallia.it
www.caritassenigallia.it

Centro Sociale "Casa della Gioventù"
via Testaferrata, 13 Senigallia - 071 63676
info@pastoralegiovanilesenigallia.it
www.pastoralegiovanilesenigallia.it


mercoledì 21 marzo 2012

Riflessioni per Giornata della Carità


Caritas diocesana di Senigallia

  – DOMENICA DELLA CARITÀ – Quinta Domenica di Quaresima anno B


Il Vangelo di oggi ci introduce nel mistero della vita di Gesù e di ogni vita: in ebraico “bar” è il “chicco di grano” ma è anche il “figlio”: il chicco di grano deve morire per portare molto frutto, ma anche che il Figlio deve morire per portare molto frutto.  E in questo “morire per vivere” è  rinchiuso pure il segreto della nostra vita: quando riconosciamo e accogliamo la presenza del Signore dentro di noi, negli altri, nelle circostanze della vita, allora sentiamo nascere il coraggio e la forza di lottare, di spenderci, di darci, ci sentiamo parte della vita, perché accogliamo in noi il Dio della vita.  Oggi, ancora una volta, Gesù, vita della nostra vita, si offre a noi sotto i segni del pane e del vino. E noi continuiamo questa catena e questo movimento con l’essere pane e vino per qualcun altro. Qualcuno ci ha alimentato, è stato per noi pane e vino e noi stessi vogliamo essere alimento, cibo per qualcun altro. Che la mia vita sia come il grano e come il vino: dalla vita viene e alla Vita si offre. E’ un dono ricevuto, ed è un dono che va donato.  È la legge del seme. È la logica del Figlio di Dio. È il segreto della vita.

Per questo, è particolarmente appropriato celebrare oggi la Domenica della carità: perché proprio oggi risuonano queste parole di Gesù: “Chi ama la sua vita, la perde”. Colui che è ripiegato su di sé,  sui suoi bisogni, resta solo, perde la sua vita, perché la vita è relazione e amore: chi vuol trattenere il respiro, infatti, finirà soffocato. La vita circola in quanto ricevuta e data per amore, la vita si realizza nel dono di sé. Donandosi e spendendosi per l’altro, l’uomo viene liberato dalla solitudine sterile, che è la chiusura in sé, l’autoreferenzialità, il ripiegamento del cuore su di sé. Noi siamo salvati grazie e attraverso gli altri: essi infatti, permettendoci la relazione, ci immettono nel senso della vita, che consiste appunto nell’incontro, nella relazione, nell’apertura all’alterità, nel dono reciproco.



Il gruppo liturgico e la Caritas parrocchiale, in accordo con chi presiede la celebrazione, provvederanno ai modi concreti per
l          dar modo ad un volontario caritas di condividere la propria esperienza,
l          valorizzare la colletta non solo come dono, ma anche come gesto di maturità cristiana, segno di una consapevolezza ecclesiale che va oltre i confini della propria parrocchia: le offerte raccolte in quel giorno andranno per l’iniziativa diocesana del Fondo di solidarietà,  cui poter attingere per far fronte a situazioni particolari di difficoltà vissute da soggetti residenti sul territorio della nostra diocesi 
l          curare le differenti fasi della celebrazione domenicale per aumentare la comprensione ed il coinvolgimento della comunità:
-   l’accoglienza delle persone che arrivano per partecipare alla celebrazione eucaristica, indicando loro i posti liberi, suggerendo alcune disposizioni particolari (per nuclei familiari o per gruppi di catechesi), allestendo un servizio alternativo per i fanciulli o per i bimbi più piccoli (ad esempio una “omelia” più significativa per loro o un servizio di babysitter per i piccolissimi in ambienti contigui)
-   i canti della celebrazione che saranno anch’essi in tema con la domenica della carità
-  la preghiera dei fedeli preparata per l’occasione evitando di utilizzare quella standard del foglietto della Messa
-  l’offertorio studiato con simboli e gesti specifici e con l’indicazione di alcune finalità particolari cui indirizzare le offerte di varia natura consegnate e che vanno poi distribuite ai poveri
-   il segno della pace proposto come occasione autentica di riconciliazione di incomprensioni, pregiudizi, antichi rancori, inimicizie che spesso intessono le relazioni interpersonali anche dei parrocchiani.

La Caritas parrocchiale progetterà con cura ciò che segue la celebrazione.
La domenica diventa il giorno migliore per visitare gli ammalati e gli anziani, per portare l’Eucaristia agli infermi, per accostare i lontani. La comunità cristiana, che pure proibiva il lavoro festivo, vedeva nella domenica il giorno ideale per realizzare le opere della carità, anche se faticose ed impegnative.
Si darà quindi visibilità, al termine della celebrazione,
·        ai Ministri ausiliari della Comunione Eucaristica che si stanno recando dai malati,
·        al gruppo di giovani che si recheranno, quel giorno stesso, nella casa di Riposo della parrocchia o alla Mensa domenicale o altro che sarà possibile organizzare a partire dalle necessità caritative del territorio…
·        alle famiglie che hanno accettato di invitare a pranzo una persona sola
·         alle famiglie straniere che hanno accettato di invitare a pranzo una famiglia italiana per condividere con loro un piatto tipico della loro terra

SUGGERIMENTI PER LA PREGHIERA DEI FEDELI

Il servizio ai poveri, ai deboli e agli esclusi, ai malati, alla persone sole e senza speranza sia il distintivo del nostro essere credenti
Preghiamo

Per coloro che sono impegnati nel volontariato: sia autentica scuola in cui si impara ad essere costruttori della civiltà dell’amore, capaci di accogliere l’altro nella sua unicità e differenza. Preghiamo

Perché le comunità parrocchiali sostengano con la preghiera e la collaborazione gli operatori Caritas impegnati a livello diocesano, parrocchiale, vicariale a favore dei poveri, nella testimonianza quotidiana dell’amore di Dio Padre per i suoi figli sofferenti, preghiamo;

Cinque per mille a Fondazione Caritas Senigallia Onlus


92022600420
Il numero per aiutarci ad aiutare
Ecco come destinare il cinque per mille alla Fondazione Caritas Senigallia Onlus per la gestione del Centro di Solidarietà “Don Luigi Palazzolo”, della “Casa San Benedetto” e di “Casa Stella” “opere segno della Diocesi di Senigallia.
La Legge finanziaria ha previsto anche per l’anno 2012 la destinazione, in base alla libera scelta del contribuente, di una quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, a sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni e fondazioni di promozione sociale.
Tutti i contribuenti possono esprimere la preferenza apponendo la propria firma nell’apposito del CUD 2012,  del 730/1-bis redditi 2011 o dell’UNICO persone fisiche 2012, indicando il codice fiscale della realtà alla quale si vuole desinare il cinque per mille.
La scelta del cinque per mille e quella dell’otto per mille non sono in alcun modo alternative e possono essere effettuate ambedue dalla stessa persona e nella stessa dichiarazione.
Anche che non è tenuto alla presentazione del modello UNICO o non intende presentare il mod. 730, in quanto non ha altri redditi può esprimere la propria scelta con le modalità previste.
Se desideri aiutarci ad aiutare, questa è una nuova forma di solidarietà del tutto gratuita. A te non costa nulla, per noi vale molto, per i nostri ospiti è vitale.

GIORNATA DELLA CARITA' - DOMENICA 25 MARZO 2012


OGGETTO: Giornata Diocesana della Carità Domenica 25 Marzo 2012
Domenica 25 marzo 2012, quinta domenica di quaresima, nella nostra Diocesi di Senigallia si celebra la giornata diocesana della Carità.
Questa è la giornata, unica nel corso dell’anno, in cui non si raccolgono offerte per emergenze specifiche e particolari (ad esempio terremoti ed altre calamità naturali) ma fondi per la gestione delle “opere segno” della Diocesi di Senigallia e nello specifico come abbiamo già fatto dal 2009 per il fondo di solidarietà per le famiglie in difficoltà costituito dal Vescovo Diocesano e affidato per la gestione alla Fondazione Caritas Senigallia Onlus.
È anche la giornata, nell’ambito dell’anno della Missione del Sinodo Diocesano, per una riflessione più approfondita sul nostro essere vicini ai poveri e alle tante persone che oggi sono nel bisogno.
Con preghiera di consegnare all’ufficio Caritas entro il mese di aprile le offerte raccolte, suggerisco di utilizzare le schede allegate per l’animazione delle Celebrazioni cogliendo l’occasione per presentare la Social Caritas.
Ricordo anche che presso l’ufficio Caritas sono disponibili le buste per la raccolta delle offerte. Chi desidera utilizzarle passi a prenderle.
Colgo l’occasione per invitare a partecipare alla veglia dei Missionari Martiri – Sabato 24 marzo 2011 – alle ore 20,00 in Cattedrale di Senigallia
Con l’augurio di una santa quaresima, di una santa Pasqua e di ogni bene.

Senigallia, 21 marzo 2012

Il Direttore                  
Caritas Diocesana di Senigallia
Aldo Piergiovanni, presbitero

martedì 7 febbraio 2012

POPOLO O COACERVO? L’ITALIA IN CERCA DI COESIONE


editoriale di Don Vittoria Nozza - Direttore di Caritas Italiana

C’è un paese intero che attende. È un’Italia dove tanti non si consegnano allo smarrimento e alla logica del declino, ma dove si infittiscono i disagi e cresce l’allarme per lo scoramento, persino mortale, di imprenditori, disoccupati e pensionati, stremati dalla crisi. È un’Italia che conta su segnali e scelte chiare. La palude è stata creata, in primo luogo, da errori precisi: proliferazione di conflitti di interesse, rendite parassitarie, privilegi ingiustificati, sprechi, elusioni ed evasioni assortite. Il gioco – il futuro nostro e dei giovani – vale la candela. Ma alla condizione che ampio sia il campo delle riforme di sistema da portare a termine e ampio sia il lavorare assieme con convinzione, per rafforzare nell'opinione pubblica l’adesione positiva a quest’opera di ricostruzione. Nessuno è, e può sentirsi, escluso: magistrati e tassisti,avvocati e grandi imprese, super burocrati e dirigenti di aziende municipalizzate, farmacisti e sindacalisti, evasori fiscali e politici…
Retrogusto agro
Alla cassa un’anziana signora mette via una spesa frugale e si sfoga con la giovane cassiera: «Con la pensione che ho, non è un gran vivere…». La ragazza non trattiene una battuta amara: «Si contenti, signora, che almeno lei una pensione ce l’ha». C’è un retrogusto agro, in questi mesi, nelle parole della gente. C’è un malessere che indurrebbe a cambiar canale, quando va in onda il tg. E non è solo per la crisi, per i tagli, i sacrifici. È qualcosa di più: è nello scoprirsi tutti più poveri. È un protestare collettivo ma frammentato, in tante parti quanti, si direbbe, sono gli interessi. Insorge chi era al traguardo della pensione, insorgono certi sindaci che invitano a non pagare l’Imu, insorgono i sindacati (a volte uniti a volte sparpagliati) in difesa di un lavoro che va “garantito”; ma a maggior ragione potrebbero insorgere i giovani che nel precariato rischiano di invecchiare. Tutto legittimo. Ma inquieta la sensazione che si possa arrivare a essere tutti contro tutti, anziché tutti insieme. Più che un popolo, un coacervo di corporazioni, categorie, bande in contrasto fra loro. Siamo un popolo, o solo milioni di persone che vivono negli stessi confini? La politica ha avviato alcune scelte. Altre ne andranno opportunamente messe in atto. Potranno produrre risultati soltanto se sostenute dai cittadini, dalla grande maggioranza del paese, anche da coloro che avrebbero buone ragioni e legittimi  interessi per protestare, o per chiedere altre strategie e altre soluzioni, più efficienti e più eque. Ma dobbiamo essere coscienti che qui si tratta di andare in soccorso di chi su una montagna, irta e difficile, è caduto in disgrazia. Ciò che è certo, è che la durata sarà lunga: questa crisi chiederà diversi anni, prima di essere
in qualche modo superata. E comunque, una volta deciso l’intervento, occorre lavorare tutti nella stessa direzione, operare tutti per il salvataggio. Poiché se quella comunità di persone non è coesa e con-corde, se non coopera, non solo tutto diventa terribilmente più complicato, ma si rischia seriamente di non realizzare il salvataggio. Oggi la nostra Italia ha senz'altro bisogno di strumenti tecnici e di equità, ma ha bisogno anche di concordia (stesso cuore e corda) tra i cittadini. Oggi c’è bisogno di una nuova responsabilità sociale, da parte di ogni cittadino.
Addestrati alla sobrietà
Bentornata, intanto, alla politica. La prolungata, falsa rappresentazione di uno stile di vita omologato nel consumo di massa non regge più quando lo stato, per non fallire, è costretto a mettersi alla caccia della ricchezza nascosta. Certo, chi ha protetto finora la ricchezza nascosta, addirittura esaltandola come risorsa, fatica a riconoscerla per quella che è: una vera e propria piaga nazionale. Ma ora che le ricette anticrisi incidono profondamente sul reddito e sul risparmio dei cittadini, torna a contare in politica la nozione della giustizia sociale, fino a ieri oltraggiata. Il lusso ostentato fino a ieri come dimostrazione del proprio potere, diviene un handicap. Bentornata alla politica. E niente paura per chi non evade, ed è addestrato alla sobrietà.
Et de hoc satis.

martedì 31 gennaio 2012

Presentato il Rapporto Diocesano delle Povertà “Carità e missione. Documento di riflessione sulle povertà e le fragilità”


 “La carità per essere efficace deve conoscere approfonditamente le situazioni concrete di povertà. Di qui il senso di questa indagine, realizzata seguendo il metodo della Caritas che si fonda sul vedere, giudicare e poi agire.” Così il Vescovo di Senigallia, Mons. Giuseppe Orlandoni ha aperto l'incontro alla Chiesa dei Cancelli di venerdì 27 gennaio, in cui è stato presentato il Rapporto Diocesano delle Povertà “Carità e missione. Documento di riflessione sulle povertà e le fragilità.”
Il Direttore della Caritas di Senigallia, don Aldo Piergiovanni, ha sottolineato come questo lavoro, che si inserisce nel cammino del Sinodo diocesano, rappresenti non solo un documento di riflessione, ma anche di formazione, perché, proprio dal Sinodo diocesano, è emerso che la carità viene ancora intesa come iniziativa pratica e non nella sua pienezza evangelica e che c'è scarsa preparazione di fronte alle nuove forme di povertà e alle loro cause.  L'invito del Sinodo è di promuovere l'uscita dai percorsi di sofferenza per rendere autonome le persone in difficoltà e di evidenziare il legame profondo tra catechesi e carità.
All'incontro era presente anche Mons. Giuseppe Merisi, Vescovo di Lodi e Presidente di Caritas Italiana, che ha proposto una riflessione pastorale su Povertà e Fragilità, partendo da cosa pensa il Signore Gesù su povertà e carità, cosa ne pensa la Chiesa e cosa possiamo fare concretamente nelle diocesi. Citando più passi dei Vangeli, in particolare Matteo, ha sottolineato la necessità di amare il prossimo, nel senso di venire incontro alle necessità degli altri, che sono fragili, in difficoltà. Questa condizione di fragilità è legata non solo alla mancanza di mezzi ma anche di altro. La possiamo vedere nella persistenza dell'illegalità, nello sfruttamento del lavoro degli immigrati, nella dipendenza, nella diversa abilità, nella delinquenza minorile, nella condizione dei carcerati, nella negazione della vita e della dignità, e in molte altre situazioni. Vivere la fede significa guardare con occhi di bontà gli ultimi, gli emarginati, coloro che si trovano in condizione di fragilità, in difficoltà.
I dati ISTAT confermano la tendenza all'impoverimento delle famiglie. C'è forte criticità dell'occupazione che colpisce soprattutto i giovani. Il volto della povertà sta cambiando a causa di problemi occupazionali, familiari, abitativi. Emergono nuove povertà giovanili, c'è nuova emergenza degli immigrati, e molto altro. Come rispondere a questa difficoltà? La Caritas è invitata ad offrire percorsi attraverso i volontari per educare i giovani alla responsabilità, per la formazione permanente. Questa impegno pedagogico è un valore fondamentale a servizio del territorio. Un altro valore è la testimonianza: bisogna guardare con occhi di bontà a tutte le persone con cui viviamo, poi all'emarginato. Bisogna sentirsi dentro uno spirito di comunità. La Caritas insieme alle altre associazioni intende offrire la capacità di un percorso ai giovani per mettersi a disposizione. Occorre promuovere il bene comune a partire dalla carità, rimuovendo gli ostacoli che impediscono di impegnarsi nel rispetto delle reciproche responsabilità, a partire dai poveri e dagli ultimi.
Il Professor Emanuele Pavolini dell'Università degli Studi di Macerata ha analizzato i dati dello studio, sottolineando alcuni aspetti importanti. Anche se la situazione in Italia nei prossimi anni peggiorerà, ci sono dati positivi. Il primo “tesoro sociale” è rappresentato da questi dati: 400 volontari nel nostro territorio, 28 parrocchie che distribuiscono alimenti, 35 Caritas parrocchiali, 275 mila euro elargiti dal Fondo di solidarietà nel periodo 2009-2011. Il numero dei volontari è una forza estremamente rilevante. 7000 persone su 130000 abitanti di questa diocesi sono state contattate dalla Caritas, quindi 1 persona su 20 si trova in difficoltà. Fare volontariato significa anche contribuire al Fondo di solidarietà e ben 1300 famiglie, molte delle quali non in buone condizioni economiche, fanno donazioni mensili al fondo. Questa solidarietà ci può aiutare ad affrontare i tempi duri.
Un altro aspetto positivo riguarda la sinergia con le istituzioni pubbliche e con le imprese. Il progetto FARIS mette in campo una collaborazione efficace fra Fiorini Industrial Packaging, il Comune, la Caritas e l'Università Politecnica delle Marche sul programma di ricerca triennale dal titolo “La responsabilità sociale di impresa in un'ottica integrata: Le famiglie a rischio di disagio nel Comune di Senigallia”. Le sfide vanno affrontate in un'ottica sinergica, in cui ognuno dà il proprio contributo, senza per questo pensare che le amministrazioni pubbliche fanno un passo indietro, perché il volontariato lavora meglio laddove c'è un'amministrazione pubblica forte. Naturalmente la Caritas diocesana non si può sostituirsi al ruolo degli enti pubblici nel rispondere a tutti i bisogni della popolazione, né tale istituzione è l'unica nel campo del mondo del volontariato e del terzo settore ad occuparsi di temi inerenti le politiche sociali.
Un dato molto preoccupante, emerso dall'indagine, riguarda il ritorno degli italiani fra gli utenti della Caritas. Prima erano pochissimi, ma negli ultimi anni il 48% degli interventi ha riguardato famiglie italiane. C'è inoltre il ritorno di famiglie di immigrati, che erano state aiutate dalla Caritas molti anni fa ed erano diventate autonome, ma ora sono di nuovo in difficoltà. Un altro elemento di grave preoccupazione riguarda le reti parentali. Anni fa, in momenti di crisi le reti parentali erano di aiuto, ora invece “saltano” i meccanismi di redistribuzione e di compensazione interni alle reti familiari. Le giovani coppie, che a mala pena riescono a sostenersi economicamente, difficilmente possono venire in aiuto dei genitori anziani, in presenza di difficoltà economiche o di salute. Le coppie in età centrale faticano a farsi carico sia dei genitori anziani che delle necessità dei figli in uscita dal nucleo familiare. In molti casi le famiglie da risorse diventano problema. Il 4-5% delle famiglie si impoveriscono per spese sanitarie che spesso sono legate all'invecchiamento. Addirittura molti rinunciano a farsi curare.
Cominciano ad esserci coppie che non si separano per non diventare poveri.
Un altro dato preoccupante è che cresce l'indebitamento di molte famiglie e una fetta di questo deriva da spese non necessarie, come spese per cerimonie, alle quali non sono disposte a rinunciare per motivi culturali o di legittimazione sociale. Il problema si pone anche per spese voluttuarie, come televisori al plasma o cellulari.
Sta emergendo, inoltre, un'altra categoria di soggetti a rischio di disagio: le famiglie numerose provenienti dai comuni del Sud Italia, prive, nel contesto locale, di reti parentali sulle quali fare affidamento per sostegno economico e per la cura dei figli.
La crisi colpisce sempre più fasce di popolazione non abituate e silenti, che non parlano dei problemi. Questa è la povertà nella “normalità”. Si sta passando da un modello di sviluppo economico fondato sul cosiddetto lavoro salariale, a tempo indeterminato e alle dipendenze, ad un modello caratterizzato dalla flessibilità e alla adattabilità immediata, a detrimento della sicurezza del posto di lavoro tipica del passato.
Un altro elemento di mutamento riguarda le dinamiche interne della famiglia che mostra segni di instabilità e di difficoltà di funzionamento, dalla diminuzione del tasso di natalità alla crescente instabilità coniugale. Accanto a questo, anche il modello di welfare pubblico mostra importanti criticità: nel nostro territorio, come nel resto d'Italia, la risposta pubblica ai bisogni degli anziani, famiglie con minori, famiglie in cerca di abitazione, immigrati e persone in difficoltà è insufficiente. Stiamo assistendo ad un cambiamento nelle caratteristiche della domanda sociale e dei bisogni non solo quantitativa ma anche qualitativa. Nei prossimi anni dovremo aiutare persone con problemi economici ma che mascherano altri disagi. Vanno aiutate nel come spendere i soldi. Si pone il problema di offrire una forma di educazione per fare spese in modo responsabile. Non occorre solo un sostegno economico o spirituale, ma anche cognitivo. E questa è una grande sfida da affrontare con strumenti adeguati, con la conoscenza e la formazione.



Barbara Assanti
 Ufficio Stampa Caritas Diocesana

mercoledì 25 gennaio 2012

Rapporto Povertà Caritas Diocesana di Senigallia


La Caritas Diocesana di Senigallia questo venerdì 27 gennaio 2012 alle ore 21.00 - presso l'autiorium Chiesa dei Cancelli -presenterà il rapporto diocesano sulle povertà.
L'appuntamento reintra all'interno del cammino Sinodale della nostra Chiesa; ci aiuteranno nella riflessione S.E. Mons. Giuseppe Merisi, Vescovo di Lodi e Presidente di Caritas Italiana ed il prof. Emanuele Pavolini dell'Università di Macerata.